Mémoires du Tour. Chiappucci, il Sestrière e la fuga solitaria : io c'ero!

                                                                  



                                                


Oggi la tappa alpina del Tour propone, tra le altre, le salite del Col de Saisies e del Cormet de Roselend. Il 18 luglio 1992 Claudio Chiappucci iniziò  proprio su quelle asperità, le prime di giornata, una fantastica fuga che si sarebbe conclusa vittoriosamente al Sestriére.


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Sono passati vent'anni.


Ne parlavo l'altro giorno con mia moglie, e la sua memoria è migliore della mia, poiché a distanza di quattro lustri Rosa ricorda ancora il giorno esatto: il 18 luglio del '92, la tappa del Sestrière, lo sconfinamento del Tour in Italia dopo tanti anni.

Un'occasione irrinunciabile per chi, come me, aveva assistito a Parigi molti anni prima (era il 1980) all'arrivo del Giro di Francia.

Coinvolsi anche mio padre, che accettò di buon grado di essere prelevato da casa e di condividere con noi quella giornata. Commisi però un errore, acconsentendo al suo desiderio di fare visita al cugino Giovanni a Bardonecchia.

"Passiamo dal Sestrière, così vediamo la zona d'arrivo. Salutiamo Giovanni e poi ci posizioniamo sulle prime rampe della salita finale". Il programma poteva anche essere condivisibile, sempre che la partecipazione di pubblico non fosse stata eccessiva.

Era uno splendido sabato estivo, e la mia speranza era che molti appassionati scegliessero di abbronzarsi in Riviera, anche se Chiappucci vestiva la maglia a pois e Bugno quella iridata.

E c'erano Indurain, che aveva appena vinto il Giro d'Italia, Fignon, Lemond, Delgado, Hampsten: i piu bei nomi del ciclismo di quegli anni.

Maglia gialla era il giovane Pascal Lino e Indurain - secondo nella generale con un ritardo di 1'27" - aveva trionfato nella prima lunga prova contro il tempo, candidandosi a bissare il successo ottenuto l'anno precedente.

Tuttosport, che acquistai in una sosta all'autogrill, non presentava la tappa con toni particolarmente entusiastici e, per di più, non forniva - come speravo - alcuna indicazione sugli orari della chiusura delle strade.







Nel risalire la Val Chisone sembrava che andasse tutto liscio e che si potesse arrivare al Sestriere senza troppe difficoltà.

Arrivati a Pragelato, lo scenario cambiò di colpo. Il traffico era bloccato, e c'era una coda interminabile di auto che cercava - invano - di raggiungere l'arrivo: per un attimo (e forse più di uno) mi pentii di aver esteso l'invito al genitore.

Che fare? Impossibile arrivare a Sestrière da quel versante, bisognava cercare soluzioni alternative. Sì, ma quali? Ridiscendere la Val Chisone ed imboccare la Valle Susa? Troppo lungo. Presi la cartina e mi accorsi che esisteva una salita che metteva in comunicazione le due valli. Mica c'era internet, all'epoca, e neppure il GPS (che, a dire la verità, neppure oggi possiedo).

Che ci vuole?, mi dissi, massimo un'ora e siamo a Susa. E da lì proseguiamo: verso Bardonecchia o Cesana si sarebbe deciso dopo.

Bellissima quella salita che si inerpicava sulla montagna, regalando squarci panoramici da cartolina. Poi, di colpo, cominciò lo sterrato. Anzi una vera e propria pietraia sulla quale era impresa ardua condurre la nostra Uno Trend colore grigio Glasgow. Ci sarebbe voluto un fuoristrada, pensavo, mentre ero impegnato ad evitare dei veri e propri massi: se si fosse forato addio tappa!







Fu l'autoradio, acquistata a prezzo stracciato ad una vendita fallimentare ed unico elemento tecnologico in un interno quantomeno spartano, a fornire le prime notizie della corsa.

C'era in atto una fuga, e tra gli ardimentosi che si erano lanciati all'attacco dopo 25 km dal via c'era pure Chiappucci, (settimo in classifica generale a quasi cinque minuti), svettato al primo posto sul Col de Saisies: sembrava in verità la solita fuga che caratterizza le fasi iniziali di un tappone alpino.

Non so quanto ci mettemmo ad arrivare in cima al Colle delle Finestre (quello era il nome della salita) e non potemmo esimerci da una sosta per ammirare il grandioso panorama, con il Rocciamelone di fronte a noi.

Nel frattempo la fuga aveva preso consistenza e Chiappucci aveva raggranellato ulteriori punti per consolidare il primato nella classifica degli scalatori, passando per primo in vetta al Cormet de Roselend. Però il vantaggio sul gruppo superava di poco i due minuti, il traguardo era ancora lontano e c'era l'Iseran da scalare.






Fu scendendo dal Colle delle Finestre, in un paesaggio montano che veniva apprezzato tra l'altro per la totale assenza di mezzi motorizzati, che arrivò la notizia clamorosa, quella che speri ma non ti aspetti: Chiappucci se ne era andato da solo sull'Iseran, quando mancavano 120 chilometri al traguardo, e continuava a guadagnare terreno sugli inseguitori.

La frazione si faceva sempre più interessante, e bisognava accelerare, ma lo sterrato era interminabile. Poi, finalmente, arrivò l'asfalto! Fu una discesa folle verso Susa, come se guidassi un'ammiraglia, nella speranza di giungere prima della chiusura della strada.

Purtroppo i miei timori mattutini non erano infondati perchè la statale del Monginevro era stata appena chiusa: bastavano dieci minuti e saremmo passati. Se non ci fossimo fermati in cima, pensai, o almeno fosse già stata completata l'autostrada del Frejus, il problema sarebbe stato risolto.

L'avremmo visto a Susa, dunque, il passaggio della corsa, in fondo alla discesa del Moncenisio, e la cosa mi disturbava non poco: una tappa con cinque salite ed io lì, nel punto altimetricamente meno interessante del tracciato a sfidare la calura estiva.

Ed il rammarico era ancora più grande quando appresi che Chiappucci, dopo essere passato da solo in vetta all'Iseran, in fondo alla discesa era di fatto maglia gialla virtuale con un vantaggio che assumeva proporzioni sempre maggiori. Aveva provato a far saltare il banco, e sembrava che ci stesse riuscendo.

Mi consolai pensando che bene avevo fatto a programmare la registrazione della telecronaca di una tappa che - ormai era chiaro - sarebbe rimasta nella storia, se non nella leggenda del ciclismo.

Susa, nella sua storia millenaria, aveva visto transitare Annibale ed suoi elefanti, Napoleone con le truppe francesi, e ora si apprestava ad accogliere in Italia la pacifica invasione dei corridori.






Passò la carovana del Tour, colorata e festosa, poi il silenzio.

Ed ecco Chiappucci apparire laggiù in fondo, all'uscita dell'ultima curva della lunga discesa del Moncenisio. Pedalava come un ossesso e la sua sagoma si avvicinava a noi lungo il viale alberato che precedeva l'ingresso in città.

Rallentò solo per svoltare a destra, attraversare il centro ed iniziare a risalire verso Chiomonte, in un tripudio di folla.

Due minuti, tre, forse cinque e arrivarono gli inseguitori. L'iridato Bugno, Indurain, Vona e Hampsten furono i primi, gli unici che speravano di riagguantare il fuggitivo. Poi, un' interminabile sequenza di passaggi.

La partita era ancora aperta, tutta da vedere! Ma dove trovare un televisore? In qualche bar vicino, forse?

Un piccolo negozio di elettrodomestici ebbe la fortunata idea di accendere un televisore in vetrina e noi con altri appassionati formammo subito un capannello in prossimità della vetrina, incuranti del passaggio degli altri corridori che proseguiva incessantemente a pochi metri.

Si sentiva un applauso, destinato ad uno dei numerosi gruppetti di ritardatari, e sullo schermo scorrevano le immagini di Chiappucci ormai in vista della salita finale.

La sua impresa ci tenne incollati a quel provvidenziale televisore: erano anni che non si assisteva a qualcosa del genere!






Bugno fu il primo a cedere, e dopo di lui Hampsten. Indurain si lanciò all'inseguimento di un Chiappucci ormai provato, ma che non mollava, impegnato non solo a farsi largo tra un corridoio umano, ma anche costretto a veri e propri slalom tra le moto del seguito e quelle della Polizia.

Quando tagliò il traguardo scoppiò un applauso spontaneo, certamente meno fragoroso di quello dei centomila del Sestrière, ma ugualmente sentito.





Vona - che credevamo alle spalle di Indurain - si concedette il lusso di precedere sul traguardo il campione iberico e Bugno arrivò fuori dal podio di giornata, al termine di una cavalcata di quasi otto ore, che gli ultimi completarono poco meno di un'ora dopo.

Lemond si salvò per il rotto della cuffia dal tempo massimo. Non cosi Abdujaparov, che fu costretto a fare anzitempo le valigie.

Non mancarono le polemiche: Chiappucci accusò Bugno di aver collaborato con troppa insistenza al suo inseguimento, anzi di essersene fatto promotore e a distanza di tanti anni c'è chi ancora sostiene che se alla fine di quel Tour Chiappucci fu secondo, la colpa era stata proprio del campione iridato.

A casa mi godetti la registrazione nella quale ci accorgemmo di essere stati immortalati, sia pure per pochi attimi: imperdibile mio padre, riconoscibile tra il pubblico per il sacchetto bianco della "Standa" che teneva in mano ed utilizzato per contenere chissà cosa.

                                       





Avevo anche fatto delle riprese personali con una videocamera dell'epoca (era una Phonola, ricordo, acquistata per il nostro matrimonio due anni prima) che di lì a due mesi cessò di funzionare a causa degli spruzzi provocati da un incauto tuffo nelle acque della Grotta Azzura di Capri.

Purtroppo la cassetta sembra essere andata smarrita per colpa del disordine che mi caratterizza, oggi come allora.

Ma non è detto che non esca fuori e allora sarà l'occasione per rivedere le immagini di quel giorno memorabile: quelle di un Colle delle Finestre scoperto per caso, di una maglia a pois che sognava di cambiare colore, di emozioni ancora vive a distanza di vent'anni.






Nota dell'autore
Mia moglie ha ritrovato la cassetta e le emozioni hanno preso corpo.
Chiappucci passò a Susa alle 15.01 ("Alè Claudio!", gridai a squarciagola) e quaranta minuti dopo transitavano ancora corridori.
Il negozio di elettrodomestici si chiamava Ghiotti, ed esiste ancora.
Mio padre teneva sempre con sé non uno ma due sacchetti contenenti (presumibilmente) cibarie e un fiasco di Dolcetto.


Mario Silvano

cicloweb.it, 2012

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