Silvano Contini : un sorriso sotto la pioggia
“Silvano: che nome
poetico!”
Così sospirò l’insegnante di Storia dell’Arte quando mi
chiese il cognome in occasione dell’interrogatorio collettivo alla fine della
prima liceo classico. Era stata quasi sempre assente, poverina , e non aveva
fatto in tempo a conoscerci.
Il mio cognome le evocava forse paesaggi agresti, una quiete
boschiva , uomini tranquilli dediti al lavoro dei campi, serenità d’animo,
gentilezza dei modi.
Nella poesia o nelle arti figurative sono innumerevoli i
riferimenti di questo tipo.
E, nel mondo del ciclismo, quali sono state le
caratteristiche di quei corridori che hanno avuto la ventura di chiamarsi
Silvano? Direi il sorriso, quasi a voler
dimostrare che, effettivamente , il nome di ciascuno di noi (o, almeno, di
alcuni) costituisce una sorta di biglietto da visita che ci contraddistingue.
Silvano Contini - protagonista di primo piano tra la fine degli anni 70 ed i primi anni 80 – sorrideva.
Corridore completo, ha
avuto una maturazione che lo ha portato, ad un certo punto della sua carriera ,
a sfiorare l’eccellenza.
E’ strano il destino di certi corridori. Pur con un palmarès
di tutto rispetto (quasi una cinquantina
di vittorie in carriera, alcune delle
quali di assoluto rilievo) Contini viene ricordato con simpatia, certo, ma senza
quell’entusiasmo che accompagna il ricordo di altri corridori . Colpa del nome?
Chissà!
Varesino di Leggiuno (compaesano, quindi, di Gigi Riva),
classe 1958, passa al professionismo nel 1978.
L’anno successivo, nel
Giro di Saronni, si mette in luce in un tappa caratterizzata, almeno in parte ,
dal maltempo.
Nella La Spezia - Voghera è protagonista di una bella fuga
sul Passo della Forcella e, malgrado l’impegno, è battuto in volata da
Johansson . Conclude il Giro al quinto posto in classifica generale e si
aggiudica la classifica finale della maglia bianca : è un esordio promettente, che viene
confermato dalle vittorie nel Giro del Piemonte e nel Giro del Lazio.
Ma è al Giro di Lombardia di quell’anno che Silvano rivela la
propria tempra: in una tipica giornata autunnale è l’unico a reggere al ritmo
imposto da uno scatenato Bernard Hinault . Nonostante i crampi riesce a stare a
ruota del Bretone . Fa tenerezza, quel ragazzo, con la bocca aperta, una
smorfia di dolore, fradicio sotto la pioggia incessante , ma resiste.
Addirittura si spera nell’impresa. Hinault, quel giorno, non si fa sorprendere,
ed il secondo posto, in una volata nella quale i crampi impediscono quella
scioltezza necessaria per lottare ad armi pari con il compagno di fuga, è quasi
un successo.
Nel 1980, al Giro d’Italia, è protagonista della terribile
tappa di Orvieto , percorsa in condizioni atmosferiche pessime. Freddo e
pioggia non abbandonano per un attimo i corridori.
Confessa Moser: ”Nella
discesa del Monte Amiata faceva un freddo come mai ho sentito nella mia
carriera”. C’è da credergli.
Silvano resiste e vince la tappa nella città del Duomo,
precedendo Visentini, che indossa la maglia rosa. Un altro successo “bagnato”,
quindi, per il corridore di Leggiuno.
E’ un corridore tenace, Contini, che lotta , si impegna,
soffre : e si vede. Quando lo sforzo diventa più intenso il suo sorriso si
trasforma in una smorfia di fatica.
Ma è anche un corridore generoso, gentile, corretto . Non
conclude il Giro, ma tra Giugno e Luglio si impone in tre classiche nazionali:
G.P. Industria e Commercio, Camaiore e Matteotti.
L’anno successivo si presenta al via con grandi ambizioni,
legittimate dal successo nel Giro dei Paesi Baschi.
Il tridente della Bianchi Piaggio (Contini, Baronchelli,
Prim), insieme a Battaglin , Bortolotto e Vandi, attacca sul Terminillo: a Cascia
Saronni conserva l’insegna del primato ma alcuni giorni dopo, nella
Montecatini-Salsomaggiore vinta da Moser dopo una lunga fuga solitaria, deve
cederla proprio a Contini, primo dei battuti dal campione trentino.
Alla partenza
della Dimaro- San Vigilio di
Marebbe Silvano, in maglia rosa da
alcuni giorni, ha un vantaggio in
classifica generale di 59” su Prim e di 1’35” su Battaglin.
Nulla può, sulle rampe del Furcia, quando il campione di
Marostica sferra l’attacco decisivo.
La ripresa televisiva è impietosa. Contini arranca , ,si alza
sui pedali, in un disperato sforzo di contenere il distacco dallo scatenato
corridore veneto. Lo sforzo è immane, il
rapporto troppo duro per le severe pendenze dell’inedita salita. Conclude la
tappa con un ritardo di poco più di un
minuto dal vincitore e riesce a
conservare la maglia rosa per soli tre secondi su Battaglin .
L’indomani, sulle Tre Cime di Lavaredo, non riesce a tenere il ritmo dell’atleta della Inoxpran, terzo a 42” dal vincitore Breu . Contini si piazza al diciassettesimo posto, a 2’ e 42” dal primo classificato e deve cedere la maglia rosa a Battaglin . Scivola al quinto posto in classifica generale e, al termine della crono conclusiva di Verona, recupera una posizione.
Solo il successo nel Giro di Germania attenua la delusione della sconfitta.
Il 1982 è il suo anno migliore.
Coglie una grande
affermazione nella Liegi-Bastogne – Liegi in una giornata caratterizzata ,
anch’essa, dal maltempo. Se c’è la pioggia, Contini non si spaventa.
Erano 17 anni che un corridore italiano non vinceva la
Doyenne. Eppure , anche in
quell’occasione a Contini non viene concesso lo spazio che merita. L’Italia che
ama il ciclismo aspetta con ansia le fasi finali di una corsa nella quale un
connazionale è protagonista : un ineffabile Gianni Minà cede la linea a Dezan
appena in tempo per vedere Silvano che taglia vittorioso il traguardo:”Contini!!!!!!”urla Adriano. La
telecronaca più breve della storia delle televisione .
Troppo poco per una vittoria così prestigiosa.
Al Giro arriva con le credenziali in regola. C’è Hinault, è vero, ma Silvano è in gran spolvero. Il bretone vince in salita a Campitello Matese ed indossa la maglia rosa. Il giorno successivo, sulla salita di Roccaraso , quando mancano 127 chilometri all'arrivo, Contini va al'attacco.in compagnia di Verza , di Groppo e dello spagnolo Belda. A un certo punto è addirittura maglia rosa virtuale. Hinault, dopo una caduta in discesa, organizza l'inseguimento ma Contini resiste e si aggiudica la vittoria di tappa su Belda e Groppo, distanziando la maglia rosa di 1' e 04". Ora è secondo in classifica a 31" secondi da Hinault, di cui diventa il principale antagonista.
Nella tappa di Boario Terme la Bianchi-Piaggio sferra l'attacco a Hinault sulle rampe del Crocedomini.
Il francese è in difficoltà in salita e perde inesorabilmente terreno. Contini vince la frazione e conquista la maglia rosa: ora ha un vantaggio di 2' e 14" sul campione francese e l'Italia del pedale si entusiasma.
Bruno Raschi lo riconosce: è l’unico che ci ha provato. E aggiunge:”..Silvano Contini, l’antagonista più giovane e più coraggioso di colui che ha vinto. Senza di lui, in ventidue tappe, non vi sarebbe stata alternativa neppure apparente ed il Giro sarebbe diventato una fredda operazione matematica. Grazie a Contini per qualche giorno almeno, la corsa è diventata un romanzo…Contini ha espresso valori umani che sono più indicativi dei valori tecnici..”
Il terzo posto finale, alle spalle del suo compagno di
squadra Tommy Prim , sarà il suo miglior risultato al Giro e, nello stesso
tempo, la prova dei suoi limiti in una grande corsa a tappe
Il successo nella Coppa Bernocchi ed il terzo posto nella
classifica finale del Superprestige Pernod suggellano un anno da incorniciare.
Dopo due ulteriori annate con la Bianchi-Piaggio , nelle
quali-oltre ad aggiudicarsi un’edizione della Coppa Sabatini- bissa il successo
nel Giro del Lazio e vince un Baracchi in coppia con Gisiger, passa nell’85
all’Ariostea Benotto.
E ’la sua ultima migliore annata, sotto il profilo dei risultati, con ben quattro successi in altrettante corse a tappe “minori”: Giro di Puglia, Midi Libre, Tour de l’Aude e Ruota d’Oro, e una classica prestigiosa, la Coppa Placci. Dopo, solo il successo nel Giro dell’Umbria dell’87 e cinque giorni in maglia rosa nell’89, quasi un ricordo dei momenti migliori vissuti sulle strade del Giro.
Una carriera più che onorevole, in definitiva, ma diseguale,
con ottime prestazione concentrate soprattutto nei primi anni di
professionismo, e vittorie di prestigio, anche all’estero.
Innumerevoli anche i piazzamenti : un secondo ed un terzo
posto al Giro di Romandia (rispettivamente nell’80 e nell’82), più volte sul
podio delle più importanti classiche nazionali (quali, ad esempio, Giro della
Toscana, Giro del Veneto, dell’Emilia e
Tre Valli Varesine).
Eppure , a distanza di anni , il ricordo di Contini appare
più sfumato rispetto a quello di altri corridori. Si è parlato di talento
incompiuto, di corridore che, seppur tecnicamente completo, andava incontro a
momenti di crisi nelle fasi decisive del Giro, laddove avrebbe dovuto
dimostrare il suo autentico valore.
Considerazioni giuste, senza dubbio , che non sminuiscono
tuttavia la figura di un atleta che ha saputo ottimamente distinguersi negli
anni in cui Hinault, Moser, Saronni (solo per citare alcuni dei maggiori
protagonisti) rendevano difficile a chiunque la possibilità di primeggiare.
E che, comunque, non amava il ciclismo urlato, le polemiche,
le risse verbali: era corretto, serio, gentile.
Un atleta col sorriso.
Silvano, appunto.
Mario Silvano
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