Dancelli, il principe della Maielletta

 

                                                                               





Vincenzo Torriani ci  aveva preso gusto.

Nel Giro d’Italia del cinquantenario aveva scoperto il Blockhaus e, l’anno successivo,  aveva riproposto l’arrivo di tappa in vetta alla  montagna d’Abruzzo.

Quando, a fine Marzo del 1969, era stato svelato il percorso della Corsa Rosa,  ci si accorse che lo storico" Patron" aveva introdotto una salita inedita: la Maielletta.

In un tracciato  caratterizzato da numerose  asperità, il Giro ritornava sul Blockhaus da un versante  molto più arcigno di quello percorso nelle ultime due edizioni.

Non si arrivava in cima, ma la salita che da Roccamorice  conduceva  ai 1648 metri di  Fonte Tettone  per ricongiungersi   alla strada proveniente da Pretoro,  impressionava per le pendenze .

I corridori, dopo l’inedito GPM,  avrebbero svoltato a sinistra, poco prima dell’albergo Mammarosa , percorrendo in discesa la strada che, nei due anni precedenti ,  aveva caratterizzato l’ascesa al Blockhaus.

                              


Dal culmine della salita ci  sarebbero stati ancora molti chilometri al traguardo, posto sulla costa adriatica ,a Silvi Marina, ma la Maielletta - a dispetto del nome, quasi un vezzeggiativo   che suggeriva semmai una dolce escursione  -  incuteva timore:   dieci chilometri di salita ad oltre il nove per cento di pendenza media, con una punta massima del quattordici , o forse più.


                                                                             


Era la dodicesima  frazione di quel Giro, l’ultima di un poker appenninico che comprendeva di seguito  gli arrivi a Potenza, Campitello Matese e Scanno. Tanto Appennino, quindi, ma ci sarebbero state anche molte salite sulle Alpi.

Quando quel Giro venne presentato ci fu chi lo definì un Giro alla Coppi,  per quei sei arrivi in salita e i quasi trentamila metri di dislivello. Anche i corridori ne sottolinearono il profilo particolarmente impegnativo.

E non solo i velociti, come Basso, ebbero da ridire. Il portavoce dei critici fu Dancelli. “ E troppo difficile per me, con tutte quelle salite", dichiarò il campione bresciano, che  aggiunse :" Corriamo in bicicletta, non in automobile . Vogliono il nostro sangue ? Ogni anno il Giro è sempre più difficile , 24 tappe cosi mi sembrano un’ impresa impossibile."


                                                                     


A dispetto di quelle dichiarazioni, tuttavia, il capitano della Molteni  si era comportato in maniera eccellente sulle salite appenniniche: vincitore a Potenza, sesto a Campitello Matese ( precedendo di  tredici secondi Merckx, Zilioli, Adorni , Gimondi e Bitossi ) e dodicesimo a Scanno, in compagnia dei favoriti per la vittoria finale.

E nella tappa di Silvi Marina precedette tutti sul primo colle di giornata, il Passo San Leonardo, allora   sterrato, con un fondo stradale che causò infinite forature . Dancelli, insieme ai migliori, scattò in prossimità dello scollinamento, con un lieve vantaggio su Bitossi, Zilioli, Sgarbozza, Tosello e Polidori e si gettò tutto solo in discesa.

 Lo attendeva  la Maielletta: salita ignota, durissima e anch’essa sterrata. Salita da scalatori puri. Insomma, quasi un' ascesa da tempi eroici del ciclismo.

Sono passati più di cinquant’anni da quel giorno e ben pochi si ricordano chi fu il primo ciclista a svettare lassù. Se si facesse un sondaggio tra gli appassionati  qualcuno direbbe Merckx, qualcun altro Gimondi o Bitossi.  O magari Taccone, che correva nella sua terra.

Il principe della Maielletta, l’atleta che per primo  scollinò nei pressi della Fonte Tettone, fu Michele Dancelli, che neppure due mesi prima si lamentava per l’eccessiva durezza di quel Giro!

Raggiunto alle pendici della salita da Michelotto,  Passuello,  Carletto.  Gimondi,  Zilioli,  Cavalcanti, Merckx e Bitossi, non si spaventò di quelle rampe , seppe tenere il ritmo di chi- sulla carta- era più accreditato di lui  per domare quella salita da brividi. A un certo punto Merckx, Gimondi e Zilioli  si avvantaggiarono,  ma Dancelli ebbe la forza di rinvenire. Poi, in prossimità della vetta, scattò come solo lui sapeva scattare, quand’era in giornata di grazia ,  e passò da solo in cima, lasciando Zilioli a sette secondi, Merckx e Gimondi  a quindici,  Schiavon a trenta,  Aldo Moser a un minuto e   30, Passuello a 1' e 35''  Michelotto,  Bitossi e Colombo a 1' e 49'', 


                                                                     


Mancavano una ottantina di chilometri al traguardo , ma la Maielletta lasciò il segno. Fu  la tappa sino ad allora più entusiasmante di quel Giro ed un gruppetto di dodici uomini sembrava a destinato a disputarsi la vittoria. Poi, a pochi chilometri dall’arrivo, si involarono  in quattro : Colombo ( che vinse la frazione), Taccone ( che avrebbe venduto l’anima al diavolo per aggiudicarsela )Schiavon ( che conquistò la maglia rosa ) e Zilioli.

Dancelli fu quinto, aggiudicandosi la volata dei battuti:  se i dodici battistrada si fossero presentati insieme a Silvi Marina, Michele non avrebbe avuto difficoltà ad aggiudicarsi il successo.


                             


                                                        

Fu una tappa che fece notizia, non solo per il ritardo abissale di Adorni ( vittima di forature, malesseri fisici e degli insulti ricevuti dagli spettatori) e  la perdita della maglia rosa di Merckx , ma anche per quello che accadde sulla Maielletta.   Vincenzo Giacotto, direttore tecnico della Faema, accusò che un ignoto spettatore aveva  preso  il belga per la sella, tirandolo indietro per frenarlo . E poi le spinte , con le sanzioni conseguenti:   due minuti di penalizzazione e cinquantamila  lire di multa a Taccone «per spinte a catena evidentemente accettate con notevole vantaggio »; diecimila   lire « per spinte occasionali accettate, sollecitandone l'azione » a  trentotto atleti, tra cui, ancora Taccone, Bitossi, Colombo;  altri  trentasei ciclisti furono  sanzionati con   5000 lire «per lanci da mezzi motorizzati ». 


                                                                      


 

  Era destino che la Maielletta portasse bene al bresciano. Venne nuovamente inserita l’anno successivo, nella tappa che si concludeva a   Francavilla a Mare.

Quella volta a passare  per primo in vetta fu Van Den Bossche, compagno di squadra di Dancelli, che scollinò con un ritardo di quaranta secondi.   Dopo la lunga discesa, e nonostante  una foratura, non si accodò ai primi, ma li supero' di slancio, andando a  cogliere una splendida vittoria in solitaria , la prima delle quattro che caratterizzarono il suo Giro.

                                                                          


                                                                          

 Michele se la ricorda bene, quella “prima volta “ della Majelletta. "Era una salita molto dura", mi dice, "completamente sterrata, tutta esposta al sole, non c’era un albero che fosse uno!".

E mi racconta un gustoso aneddoto. "Eravamo ormai verso il culmine della salita. A un certo punto mi accorsi  che un gregge di pecore era ai margini della strada. Nel timore che potessero invadere la sede stradale, con il rischio di farmi cadere, decisi di scattare. Evitai il pericolo  e passai per primo in vetta".

Se quell’anno Torriani avesse  collocato l’arrivo lassù, Dancelli avrebbe colto un successo di assoluto prestigio.

 Il Giro  di quest'anno ritorna sulla Maielletta, con un arrivo in salita al termine di una delle tappe più dure .

E’ la tappa del Blockhaus, perché i corridori taglieranno il traguardo collocato poco dopo il bivio  che conduce in cima al gigante d’Abruzzo.

Per noi - che quella ascesa   l’abbiamo scoperta mentre preparavamo l'esame di quinta elementare -  sarà ancora una volta  la tappa della Maielletta  che, dal versante di Roccamorice – il più severo-, è stata scalata dal Giro solo quattro volte 

La prima, che non abbiamo dimenticato, è legata  al nome di  Dancelli: è' lui  il "principe" di quella  salita.


Mario Silvano


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