Tour de Suisse 1947: il clamoroso trionfo di Bartali
Nell'estate del 1947 Gino Bartali era considerato dai più un vecchio campione sul viale del tramonto.
Per la stampa specializzata, infatti, Fausto Coppi era il nuovo idolo del ciclismo e Gino aveva ormai ben poco da dire. Non gli era bastato vincere la sua terza Sanremo e cogliere la piazza d'onore al Giro d'Italia dietro al più giovane rivale per far cambiare idea ai giornalisti. Ma Bartali, a trentatrè anni suonati, non si rassegnava al ruolo di comparsa e voleva prendersi una rivincita su quanti lo davano per spacciato. Il Giro della Svizzera , che si sarebbe disputato nel mese di Agosto, sarebbe stata l'occasione per far cambiare idea a molti.
Vincitore dell’edizione precedente, Gino si presentò alla partenza ben
motivato, intenzionato a dar battaglia su un tracciato che gli era favorevole,
con tante montagne e una sola cronometro.
In un primo tempo Coppi non si era iscritto a quella corsa. Poi, forse
stimolato da un ricco montepremi, cambiò idea e si presentò al via, cosicché la
sfida con il toscano si sarebbe riproposta sulle strade elvetiche .
La prima tappa (da Zurigo a Davos, 244 chilometri
complessivi), si correva in tre frazioni.
Nella prima Bartali partì male, anche a causa della sua leggendaria lenta
carburazione: Koblet, Kubler e lo stesso Fausto diedero battaglia e lo
distanziarono di oltre quattro minuti.
Il comportamento di Fausto -incollato alla sua ruota nella seconda frazione- lo
innervosì, e Gino si convinse che Coppi era andato in Svizzera con il ben
preciso intento di non fargli vincere il Giro.
Intervistato da Radio Monteceneri prima dell’ultima frazione, che prevedeva
l’arrivo in salita a Davos, Bartali sfidò senza mezzi termini gli avversari a
tenergli testa sull’ascesa finale .”Vincerà il Giro chi non scenderà di
bicicletta sulla salita che porta a Davos: io tirerò tutta la salita con il
rapportone, senza mai voltarmi indietro. Se scendo prima io, avete vinto voi;
se scendete voi, ho vinto io”.
Potevano sembrare dichiarazioni avventate, ma Gino sfoderò tutto il suo
orgoglio
Era talmente sicuro delle sue forze che ideò un curioso stratagemma: il
direttore sportivo della Tebag gli avrebbe segnalato con dei colpi di clacson
quando i suoi principali avversari si sarebbero staccati: un colpo per Ockers,
due per Kubler , tre per Koblet e quattro per Coppi.
Sulle rampe della salita finale il clascon suonò a ripetizione. Lo stesso
Fausto mise il piede a terra quando mancavano otto chilometri alla conclusione
.
Bartali arrivò primo, come aveva annunciato, cogliendo il successo di tappa ,
staccando Coppi di otto minuti e conquistando la maglia oro di leader della
classifica, con 14 secondi di vantaggio su Kubler e 48” su Coppi.
Nella città dei Grigioni ,che aveva ispirato Thomas Mann per la sua Montagna
Incantata, Gino aveva dimostrato di non essere ancora un ex, e dopo l’arrivo lo
proclamò ai quattro venti :” Se non lo vince Bartali, nessun altro italiano
potrà aggiudicarsi il Giro della Svizzera”.
Dichiarazioni forti, che stimolarono Fausto, il quale accettò la sfida per il
giorno dopo : “Prova oggi se ti riesce a restare alla mia ruota”, replicò il
tortonese al raduno di partenza della tappa successiva.
Sul San Bernardino Bartali staccò Coppi, Kubler e Ockers. Strinse i denti il
toscano, raggiunse e superò Koblet che aveva tentato la fuga da lontano e,
nonostante una foratura, arrivò in solitudine a Bellinzona incrementando il suo
vantaggio sugli avversari. Una vittoria fortemente voluta, una prova di
carattere a dimostrazione che il successo di Davos non era un episodio isolato.
A Sion , il giorno successivo, fu Kubler a tagliare per primo il traguardo,
distanziando di oltre tre minuti Coppi che precedette Bartali il quale, vittima
di una caduta, manteneva comunque il primato in classifica con 2’35” di
vantaggio sull’amico Ferdy.
Sembrava un tappa fatta apposta per esaltare lo splendido stato di forma del
toscano e tutti si aspettavano il suo attacco su una delle tre salite che
caratterizzavano la frazione.
Bartali, invece, se ne stette tranquillo, attenendosi ai consigli di un amico
medico zurighese secondo il quale, sulla base di una specifica tabella dei
bioritmi che regolavano l’attività del toscano, quella sarebbe stata una
giornata negativa.
Poteva essere un campanello d’allarme, ma nella frazione successiva -giorno positivo, secondo la tabella dei bioritmi scrupolosamente osservata- Gino chiuse definitivamente i conti con il suo grande rivale e con quanti – Kubler in testa- nutrivano speranze di vittoria.
Nella Sion-Bienne Bartali mandò in avanscoperta Bresci e Pasquini e sul Col de
Pillon, unica salita di giornata , restò solo con Kubler, dopo che Coppi aveva
già gettato la spugna sin dalle prime rampe.
In cima alla salita , affrontata con un 48 x 17, restarono in quattro, dopo che
anche Ferdy aveva ceduto ai possenti scatti di Gino.
In compagnia di Ockers, Schaer e Bresci si involò verso il traguardo : mandò Bresci a vincere la tappa e si lasciò superare in volata da Ockers , dopo che si era fermato ad aspettarlo.
Una giornata storica, destinata a rimanere negli annali del ciclismo, perché quel giorno Bartali diede a Fausto Coppi un distacco di 34’07”: nella sfida durata tre lustri sarebbe stato il maggior distacco inflitto al suo avversario di sempre in una corsa in linea o in una tappa di un Giro.
Coppi ebbe modo di rifarsi nella prova contro il tempo: non ebbe avversari
lungo i 57 chilometri da Losanna a Ginevra, ma ormai i giochi erano fatti.
A Zurigo fu un trionfo per il toscano: primo nella classifica finale (con Coppi
quinto classificato a oltre quaranta minuti), primo nella classifica del GPM.
Fu un successo che rinnovò la popolarità di Bartali all’estero. Il ricordo della vittoria al Tour del 38 si era un po’ appannato, ma quel trionfo in terra elvetica impressionò i critici.
Un giornalista svizzero gli dedicò addirittura un libro : “Gino Bartali: Konig der Berge”
Gino Bartali, Re della montagna , un titolo che rinverdiva i fasti di chi, quasi dieci anni prima, si era imposto sulle salite del Tour come il più forte scalatore del mondo.
E quel successo perentorio fece ricredere anche i critici nostrani, costretti ad ammettere, loro malgrado, che Bartali era un atleta ancora nel pieno delle sue forze.
“ Bartali campione intramontabile rivince il Giro della Svizzera”, titolò la
Rosea il 21 agosto.
Nacque, con quella vittoria in qualche modo clamorosa, il mito dell’ uomo di
ferro che , negli anni a venire, avrebbe ancora dato del filo da torcere a
tutti, a dispetto dell’età.
“Nelle gare a tappe Bartali è ancora il più forte . Nettamente” dichiaro Kubler
alla fine di quel Giro di Svizzera.
Una previsione che sarebbe stata confermata l’anno successivo, sulle strade di
Francia.
Mario Silvano ( ilciclismo.it, 2008)
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