Aspettando il Giro dell'Appennino: Michele e la Bocchetta
Dieci partecipazioni
( dal 1964 al 1973), tre vittorie
consecutive ( 1965, 1966 e 1967), due
volte terzo ( 1972 e 1973), due
volte quarto. ( 1968 e 1970), un
quinto posto nel 1969. I “ peggiori” risultati sono i due sesti posti del 1964 e del 1971.
Quanto a vittorie complessive, solo G. B. Baronchelli ha
saputo fare meglio con i suoi sei successi consecutivi , dal 1977 al 1982. Gianni Bugno, negli anni
80, ha eguagliato il tris di vittorie in
sequenza, ma in una ideale classifica a punti il campione di Castenedolo è nettamente davanti al due volte campione
del mondo.
Sempre protagonista nella Corsa di Pontedecimo . è
significativo il fatto che le sue vittorie siano state ottenute con modalità diverse : battendo in volata il gruppo dei fuggitivi
nel 1965; con una lunghissima fuga solitaria l’anno successivo e, infine, nel
1967, con uno scatto perentorio verso
il culmine della Bocchetta che lasciò sui pedali Gimondi.
Di quelle edizioni del Giro dell’Appennino, delle tante emozioni che mi ha regalato in quella Corsa. ne
ho parlato con l’amico Michele, sempre disponibile ad aprire il baule dei
ricordi di quell’epoca del Ciclismo
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Michele, cosa ti
piaceva del Giro dell’Appennino, e perché era una corsa che ti era congeniale?
Era una corsa che , ai
miei tempi, si disputava nel periodo
estivo, di solito agosto o settembre, un periodo nel quale andavo
particolarmente bene. Una corsa ad eliminazione, dura, dove non c’era bisogno di particolari tattiche,
una corsa che quasi sempre esplodeva sulla Bocchetta.
Già alla tua prima partecipazione, nel 1964, quando la
Bocchetta era più lontana dal traguardo, tu sei rimasto nel gruppo dei migliori , almeno sino alla
salita della Castagnola
Nel 1964 ero nel gruppetto dei fuggitivi. Sulla Castagnola mi sono staccato insieme a
Poggiali. E avevo le energie per ritornare con i primi ma quell’anno
l’Appennino era l’ultima prova per l’assegnazione
della maglia tricolore e Guido De Rosso, mio compagno di squadra alla
Molteni , doveva piazzarsi almeno al sesto posto per aggiudicarsi il titolo. Giorgio Albani mi si è affiancato con
l’ammiraglia , invitandomi a restare con Poggiali. Se fossi
rientrato sul gruppetto dei primi, avrei corso il rischio di portarmi
dietro il corridore toscano e De Rosso,
arrivando settimo, avrebbe potuto dire addio al tricolore. Davanti poi rimasero in quattro: vinse Cribiori e De
Rosso, con il quarto posto, indossò la maglia tricolore. Io arrivai sesto, precedendo
Poggiali. Fu una scelta azzeccata che diede i suoi frutti.
Nel 1965, sull’
identico percorso, arrivaste in tredici a Pontedecimo e Fiorenzo Magni ebbe grandi elogi per te in prospettiva del Campionato del
Mondo che si sarebbe disputato da lì a poco.
La mia prima vittoria all’Appennino l’ho ottenuta in volata
. Eravamo un gruppetto di tredici corridori. Guido de Rosso prese in testa
la curva a gomito a settecento metri dal
traguardo , allora posto in Piazza Arimondi. Io ero alla sua ruota e sul
rettilineo finale sono uscito
vincendo senza particolari difficolta,
superando lo stesso De Rosso, Taccone e
Zilioli.
Ricordo che Magni,
l’allora C.T. della Nazionale , nel dopocorsa disse: “ Avessi otto Dancelli, ne metterei otto
in squadra”. Era una persona in gamba, l’ho sempre rispettato .Peccato che
ai Mondiali non convocasse mai un
mio compagno di squadra che potesse aiutarmi….
L’anno successivo sei
protagonista di una fuga clamorosa: oltre 200 chilometri, di cui 100 in solitaria. Raccontami come andò quel
giorno.
Dopo il primo
passaggio sui Giovi, poco dopo il termine della discesa,, c’era un traguardo
volante. Chiarini, Tosello e Macchi allungarono
per aggiudicarselo. Io mi accodai, e insieme proseguimmo per oltre cento
chilometri. Quando ne mancavano cento all’arrivo , nell’alta Valle Scrivia, là
dove la strada comincia a salire verso il Passo della Scoffera , lasciai i miei compagni di fuga e proseguii da solo, scalando in solitudine
la Bocchetta, la Castagnola ed i Giovetti. Arrivai a Pontedecimo con un minuto e quaranta su Italo Zilioli E’uno dei giorni in cui sono
andato più forte nella mia carriera. Tra l’altro ho stabilito anche la media record della
corsa. ( 39,001 km/h su un percorso di oltre 250 chilometri)
A metà salita eravamo
rimasti in tre. Con me c’erano Panizza, mio compagno di squadra alla
Vittadello, e Gimondi. In un tratto di falsopiano, Panizza ha dato l’ultima
accelerata, poi ha ceduto. Sono rimasto con Felice e ,in prossimità della vetta, l’ho staccato. Ricordo
che quel giorno avevo il 22 come massimo pignone posteriore , mentre gli altri montavano il
23 o il 24. La sede stradale era
sdrucciolevole e non potevo alzarmi sui pedali
perché le ruote slittavano . In
cima alla Bocchetta sono passato da
solo, ma Gimondi non era lontano. Nella discesa su Voltaggio ho rischiato
grosso. A un certo punto, infatti, mi sono accorto che su un piccolo ponte con le fiancate in muratura si erano
incastrate due auto : una dell’organizzazione ed una della Rai. La sede stradale era
completamente ostruita. Rallentai e
slacciai i fermapiedi , convinto che avrei dovuto scendere di sella . In quel
momento Gimondi era a non più di duecento metri. Fortunatamente una delle due
autovetture riuscì a passare ed io proseguii
la discesa senza rischi
Dopo quel momento,
che poteva vanificare i tuoi sforzi, non avesti più problemi.
No, sulla Castagnola
incrementai il mio vantaggio e arrivai a Pontedecimo con tre minuti e venti su Bitossi, De Rosso e
Zancanaro . Gimondi arrivo’ quinto, a quasi quattro minuti
1967
Ti arrabbiasti perché
non tutti i giornali riconobbero il valore della tua impresa.
Sì’, ci fu un giornale
sportivo che titolò: “Gimondi in grande
dà le ali a Dancelli”. Un titolo che non rispecchiava l’andamento della corsa, e non era per nulla veritiero...
1967
Nel edizione del 1972
, valida per l’assegnazione del titolo tricolore, potevi fare il poker….
Quell’anno ero uscito
bene dal Giro della Svizzera. Mi ero piazzato al terzo posto nella classifica
finale, vincendo le due tappe più impegnative. Certamente potevo far bene
all’Appennino, tant’è che scattai sui Giovetti. Fu Bitossi che mi venne a
prendere in discesa perché -mi disse- temeva che in caso di
arrivo in volata avrei potuto vincere. Poi a Mignanego allungò Gimondi è si
involò verso Pontedecimo . Andava , quel bergamasco.... Io fui battuto nella volata per il secondo posto da Bitossi, uno che vinceva, eccome. sia in
volata che il salita! Peccato che Fabbri
fosse caduto nella discesa della Castagnola. Quel giorno andava forte , e se
fosse rimasto con il gruppetto dei
migliori le cose potevano andare diversamente, mi avrebbe aiutato a tenere
cucita la corsa.
In quale altra edizione
dell’Appennino, tra le tante disputate , avresti potuto fare meglio?
Nell’edizione del 1968.
La corsa fu disputata in una giornata
terribile sotto l’aspetto atmosferico . Gianni Motta andò in fuga ed il suo vantaggio andava via via crescendo. Io
esitai a lanciarmi all’inseguimento perchè ad un certo
punto ci fu il rischio che la gara
venisse interrotta per il maltempo.
Questo poi non avvenne, ed io iniziai a
recuperare posizioni su posizioni, ma era troppo tardi
ed il mio inseguimento mi fece guadagnare solo il quarto posto. Peccato,
avessi avuto più fiducia…..
Il quarto posto nel 1968
Che
rapporto avevi con Luigi Ghiglione, l‘ideatore dell’Appennino e storico “patròn”
della corsa?
Avevo un ottimo rapporto con lui, lo ricordo con
affetto. Ghiglione era una gran brava
persona, che rispettava e voleva bene a tutti i corridori.
Tra i vincitori degli
anni successivi, ce n’è qualcuno che
ricordi in modo particolare?
Certamente Giambattista Baronchelli , le sue sei vittorie consecutive parlano da sole.
Il Giro dell’Appennino, non ha mai avuto una
precisa e definitiva collocazione nel
calendario internazionale. Secondo te
quale sarebbe il periodo migliore ?
Secondo me dovrebbe essere disputato alla vigilia del Giro d’Italia, in modo da consentire la partecipazione dei protagonisti alla Corsa Rosa , che si presenterebbero all’Appennino in gran forma.
Michele, giovedì lo guarderai alla televisione?
Certo, come sempre !.
Ho saputo che quest’anno non si farà la
Bocchetta, ma l’Appennino resta un appuntamento irrinunciabile!
Hai proprio ragione,
caro Michele! Non si puo’ mancare
all’appuntamento con l’Appennino. Oggi come allora, quando ti aspettavo sulla Bocchetta !
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Era il primo ottobre
del 1967: una giornata piovosa, nebbia sulla Bocchetta. Attendemmo il passaggio
in località Baracche, un breve falsopiano prima degli ultimi tornanti.
Ricordo che,
nell’attesa della corsa, i miei conversavano con una coppia di Nizza
Monferrato: la signora era tifosissima di Gimondi ed era certa che Felice
avrebbe trionfato.
La sua insistenza
m’infastidiva, anche perché sminuiva il valore di Dancelli, difeso a spada
tratta da mio padre.
Mi sembra di rivedere
Michele sbucare dalla nebbia, seguito da Gimondi, ed è un ricordo vivissimo.
Furono subito inghiottiti dalla foschia, che impediva di vedere le ultime rampe
della salita.
“Ha visto Gimondi!”,
disse la signora, certa del successo del suo idolo.
Ritornammo verso
Pontedecimo, nella speranza di assistere alla fase finale della corsa.
Purtroppo la Bianchina
“panoramica” di mio padre non riuscì ad arrivare in tempo. A Pontedecimo la
strada era chiusa, perché i primi erano già passati. Ci fermammo di fronte al
vecchio dazio e chiedemmo subito di Dancelli.
“Ehhh, Dancelli l’è pe
cuscì cu l’è passou… u primmu!” Non mi pareva vero! Aveva vinto di nuovo
Michele!” Ben gli sta”, pensai della signora di Nizza.
E persino la
Bianchina, quella sera, mi parve più bella.
In compagnia di Michele ( Giugno 2018)
Mario Silvano
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