Mémoires du Tour . Bretagna, la Grand Départ del 2008 ( prima parte)

 




Me lo hanno spiegato a Saint- Malo.

E’ tutta colpa delle maree se la Grand Départ 2008 è stata caratterizzata da un clima più simile a quello di un Giro di Lombardia o di una Classica del Nord . Perché in Bretagna il mese di luglio regala quindici giorni di sole, all’inizio o alla fine del mese, secondo un rito che non ammette eccezioni. Se l’alta marea, come quest’anno, arriva a toccare i dodici metri, il vento spazza la costa e l’entroterra e qualche momento di sole è un gradito cadeaux per i turisti e per i corridori , tra uno scroscio di pioggia e un altro.
Viaggiano veloci, le nuvole: quando si addensano il cielo diventa plumbeo e devi riporre gli occhiali scuri.

                                                    La Grand Départ del 2008


Nel ‘49, quando Fausto Coppi pensò di ritirarsi a Saint- Malo, c’era un afa che non si respirava . Valverde e Hushovd invece, non hanno avuto difficoltà ad imporsi a Plumelec e a  Saint Brieuc, dove all’arrivo potevi anche stare in calzoni corti, purchè un giubbino impermeabile fosse sempre a portata di mano. Niente birra fresca, dunque, per i suiveurs. Meglio una bottiglia di Muscadet e un bicchiere di Calvados a fine pasto: ti brucia dentro, ma è un piacere per il palato e per il corpo.



                                                                   

E’ stata un’intera regione, quest’anno, a candidarsi per la partenza del Tour .

Una terra che ha dato i natali a campioni che hanno fatto la storia della corsa a tappe francese e del ciclismo : da Petit- Breton, a Bobet, a Hinault, solo per citare dei veri e propri menhir delle due ruote, caparbi e combattivi. Jean Robic, bretone d’adozione, non ha fatto fatica ad integrarsi tra quella gente: i fantastici quattro hanno raggranellato ben undici maglie gialle a Parigi.



E poi le tappe bretoni, alcune delle quali sono ricordate a distanza di tanti anni, perché hanno lasciato il segno nella storia del ciclismo. Come quel giorno di inizio luglio del 58 a Chateaulin, quando Charly Gaul superò Anquetil “contre la montre”. O quando Hinault, nell’85, iniziò proprio a Plumelec la scalata al suo quinto successo, imponendosi nel prologo. E, ancora, la maglia gialla conquistata da Cyrille Guimard nel 72, a Saint Brieuc, e il successo conseguito da Roger Riviere, nel 60, sulla pista di Lorient, prima del suo tragico destino.





Ma la storia del Tour in Bretagna è fatta anche di altri episodi :l’esordio della televisione, nel 52, proprio alla partenza da Brest; l’imbarco della carovana per l’Inghilterra, nel 74; il prologo serale a Saint Brieuc, nel 95, sotto il diluvio; il misterioso ritiro dei corridori della PDM, al Tour del 91, non certo per un’indigestione di ostriche.


                                                        



Terra di antiche e grandi tradizioni ciclistiche , legate non solo alla storia della più importante corsa a tappe del pianeta. Basti pensare alla Parigi – Brest - Parigi, ideata nel 1891: milleduecento chilometri di sofferenza dalla capitale all’estremità occidentale della Francia e ritorno. Non deve ingannare, il territorio della Bretagna: a prima vista sembra quasi piatto, ma ci sono cotes in ogni dove. Marcello, ristoratore italiano a Dinan (è difficile resistere alla tentazione di un piatto di spaghetti!) mi ricorda che Hinault, a chi gli chiedeva come potesse andare cosi forte in salita - lui che era nato in una regione senza grandi montagne - rispondeva che le salite bretoni erano state la sua prima palestra: lì si era fatto la gamba che gli avrebbe consentito di primeggiare sulle vette della leggenda, cosi come al mondiale di Sallanches. Se poi lo percorri con il vento in faccia, anche il più dolce degli strappi può diventare un muro  ( continua)...

Mario Silvano ( www.ilciclismo.it.2008)


                                                       Bernard Hinault nella sua terra


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