Mémoire du Tour. 28 Giugno 1970: la maglia gialla di Italo Zilioli





L’ho capito tardi, una domenica d’agosto del 1973.
Erano appena passate le motostaffette, quelle con la tuta rossa, quando è arrivato - tutto solo- Italo Zilioli.
Ha impostato la curva ed ha rilanciato la sua azione verso il traguardo di Pontedecimo.
Ormai mancavano poche centinaia di metri al suo secondo successo nel Giro d’Appennino , dieci anni dopo la prima vittoria. Era scattato sui Giovi e li aveva lasciati tutti dietro.
Lì ho capito che Zilioli l’avevo sottovalutato, come atleta e come uomo., ritenendolo -con uno di quei giudizi impietosi che gli adolescenti sanno dare- un atleta destinato a collezionare piazzamenti, ad osservare quelli che lo precedevano.
Come quella volta che , in cima alla Bocchetta (era il 1969) inseguiva i migliori, staccato ed in affanno, e con la ruota posteriore – mi pare di vederla ancora- che faceva strani movimenti: forse l’aveva cambiata poco prima e non era stata montata perfettamente.
Mi fece tenerezza, allora.
A distanza di tanti anni , invece, la figura di Zilioli mi ispira non solo profondo rispetto per la sua carriera di corridore , ma anche tanta simpatia.
Perché penso che Italo Zilioli abbia lottato con sé stesso ancor prima che con gli avversari, tanti e famosi, con i quali ha duellato nell’arco di tre lustri di carriera.
Perché ha dovuto confrontarsi con paure, con dubbi, con tante responsabilità che gli erano state rovesciate  addosso. Perché era un corridore che pensava, prima di parlare. E che amava i silenzi, la tranquillità. Anche per questo, adesso, me lo sento vicino.



 E in tempo di Tour non si può  non ricordare la  sua favola gialla  nell’edizione del 1970

In quell’anno   Italo passa alla Faemino e diventa compagno di squadra di Eddy Merckx. Probabilmente il Cannibale ha avuto occasione di apprezzarne le qualità .
La scelta può sembrare azzardata, ma per Zilioli comincia un periodo di grandi soddisfazioni.
Una vera e propria rinascita, accompagnata da belle prestazioni e da significative vittorie.
Come quella ottenuta nella Settimana Catalana, dove si confronta brillantemente con i più bei nomi del ciclismo dell’epoca.
O come la tappa di Rivisondoli  al Giro d’Italia dello stesso anno, che lo vedrà al quinto posto finale.





Come, soprattutto, la tappa di Angers, la seconda del  Tour  ( era il 28 Giugno) quando Italo, che mai aveva indossato la maglia rosa, ha l’onore di vestire quella gialla. E di portarla per quattro giorni prima di “cederla” al suo insaziabile capitano. Il quale, in verità, avrebbe voluto portarla dall’inizio alla fine della Grande Boucle.
Ma Italo, in fuga con altri corridori ( tra i quali il suo compagno di squadra Vandenberghe), resiste al forcing degli inseguitori  e , aggiudicandosi quella tappa con pieno merito, si ritrova in vetta alla classifica con quattro secondi di vantaggio su Eddy.



Il giorno successivo vince la cronometro a squadre e ringrazia  Merckx perché – dice – senza  il suo apporto difficilmente la Faemino si sarebbe aggiudicata la prova  e lui avrebbe dovuto dire addio alla maglia gialla.

Sono parole che smorzano la tensione in casa Faemino ed Italo sa  che tra qualche giorno     si arriva in  Belgio  e Merckx  vuole arrivare nel suo Paese  davanti  a tutti.




Il due Luglio si corre  la Amiens – Valenciennes.  Quando mancano una trentina di chilometri al traguardo, su un tratto di pavè  Zilioli fora.  E’ in maglia gialla, ma gli uomini della Faemino sono tutti davanti, accanto al campione belga. Nessuno dei compagni lo attende ( avrebbero affermato che non si erano accorti della sua foratira!) e lui è costretto da solo a riportarsi sul gruppo, ma è troppo tardi. Davanti c’è stata selezione e sul traguardo  arrivano in dodici. La vittoria arride a Roger De Vlaeminck, e Merckx, in settima posizione   riconquista la maillot jaune. Italo arriva a un minuto ed un secondo dal vincitore  e scivola al sesto posto nella classifica generale . 

 Sfuma il sogno giallo , ma quei pochi giorni  con il simbolo del primato sono importanti nella carriera del campione torinese: in quel decennio solo un altro italiano (  Francesco Moser , nel 1975)  riuscirà ad indossare la maglia gialla .



Molti si sono chiesti se Italo Zilioli possa essere considerato un grande campione . La risposta la diede  lui stesso, tanti anni fa :”Non sono diventato un campionissimo perché non lo ero, tutto qui”.

Campione di modestia però lo sei stato: caro , grande, indimenticabile Italo!

 


                                                                Zilioli ed io ( 2010)

 


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