Mémoires du Tour. Pirenei 1998, Plateau de Beille : vola Pirata, vola!

 

  



Se ad un appassionato di ciclismo fosse chiesto, a bruciapelo: “Qual è stata – delle tappe vinte da Pantani al Tour de France – quella che ti ha entusiasmato di più?”, siamo certi che il risultato indicherebbe al primo posto – e con largo margine – quella di Les Deus Alpes.
E sarebbe difficile dargli torto, poiché quel 27 luglio del 1998 è scolpito nella memoria di ogni sportivo. L’attacco del Pirata sul Galibier, la fuga solitaria e la conquista della maglia gialla conservano, a distanza di dodici anni, una tale suggestione che le altre sei vittorie di tappa ottenute in carriera alla Grande Boucle cedono il passo a fronte di quella memorabile impresa. Quest’ultima, infatti, sembra avere quasi attenuato il ricordo dell’altra vittoria in salita che, nel Tour del ‘98, costituì il primo passo verso il trionfo finale.


                                                                   



Fu a Plateau de Beille, infatti, che Pantani capì che ce la poteva fare e gli osservatori più scettici si dovettero ricredere, dopo una prima parte di Tour che non lasciava spazio a troppi entusiasmi.
Specie dopo la batosta rimediata da Ullrich nella tappa a cronometro di Corrèze e la prospettiva di un’ulteriore, difficile prova contro il tempo di oltre 52 chilometri al penultimo giorno di corsa.
L’entourage di Pantani e lo stesso corridore apparentemente non alimentavano troppe speranze di vittoria finale in un Tour che prevedeva due soli arrivi in salita e ben 115 chilometri a cronometro.
Già nella prima tappa pirenaica, la classica Pau-Luchon, Pantani aveva dato un segnale significativo, nonostante il tempo piovoso, il freddo e un problema gastrico.
Quello scatto perentorio nella nebbia del Peyresourde, ultimo colle di giornata (“Sembrava un proiettile”, dirà Di Grande) e il secondo posto all’arrivo, alle spalle di Massi, lasciavano ben sperare per il futuro, assai più della manciata di secondi rosicchiata al tedesco della Telekom, dal quale aveva un ritardo di 4’ e 41’’


                                                                           


.
Però l’indomani ci sarebbe stato l’inedito arrivo in salita ai 1747 metri di Plateau de Beille, dopo una cavalcata pirenaica di 170 Km con il Mentè, il Portet d’Aspet, il Core e il Col de Port: tre colli di prima categoria, uno di seconda e l’Hors Categorie della salita finale per saggiare le effettive condizioni del vincitore dell’ultimo Giro d’Italia.


                                                                       


Quel mercoledì 22 luglio, baciata dal sole e dal caldo, la corsa vera comincia sul Core, dopo l’omaggio dei corridori a Fabio Casartelli salendo verso il Portet d’Aspet.
E’ sul terzo colle di giornata, infatti, che prendono il largo l’elvetico Roland Meier e lo spagnolo Gomez.
L’intesa tra i due funziona, tant’è che l’iberico aspetta il compagno di fuga dopo una caduta di quest’ultimo in discesa.
Frattanto si ritira Olano e la squadra della maglia gialla fa l’andatura del gruppo.
Meier, però, è in grande spolvero: lascia il compagno di fuga e scala il Col de Port con un vantaggio di quattro minuti sul gruppo. Avrebbe dovuto aiutare Casagrande, ma il ritiro di quest’ultimo gli fornisce l’opportunità di mettersi in mostra.
In classifica generale è diciassettesimo, a 5’ e 32” dalla maglia gialla e con quel vantaggio si rimette in gioco per i piani alti della classifica.
Quello che accade in testa al gruppo lascia tuttavia un po’ perplessi. E’ la Telekom, ovviamente, a farsi carico dell’inseguimento, ma più di un corridore della Mercatone Uno collabora con la squadra della maglia gialla.
Martinelli spiega il senso di quella presenza dei suoi uomini in testa al plotone: Pantani pensa alla vittoria di tappa e, pertanto, è necessario che il vantaggio di Meier sia contenuto.
Lo svizzero va forte e ai piedi dell’ultima salita conserva un vantaggio superiore ai tre minuti.
All’inizio dell’ascesa Ullrich fora: scatta lo spagnolo Beltran e lo farebbe anche Pantani – fino a quel momento nascosto nella pancia del gruppo – se Roberto Conti non lo avvisasse che la maglia gialla è momentaneamente appiedata, consigliandolo di non attaccare – per ragioni di fair play –prima del rientro in gruppo del tedesco. Il quale rientra nel plotone scalando posizioni su posizioni con una foga che appare eccessiva, mettendo alla frusta i suoi uomini.




Mancano ancora tredici chilometri al traguardo e Pantani decide che è il momento di passare all’azione. Mani basse sul manubrio, si alza sui pedali e scatta deciso. Il giorno prima, sul Peyresourde, aveva tenuto la bandana sulla testa. Oggi è a testa scoperta, senza occhiali ed è il segnale che intende fare sul serio.
Il primo allungo, però, non sembra decisivo perché Ullrich, con Jalabert alla ruota, pare avere energie sufficienti per riportarsi sotto o, almeno questa è l’impressione.
Ma quando il Pirata riparte, Ullrich si pianta.




Non ha compagni di squadra in grado di aiutarlo, neppure Bjarne Riis, ed è visibilmente in difficoltà.
Se non fosse per Piepoli, che a un certo punto guida il gruppo all’inseguimento del fuggitivo, dovrebbe fare tutto da solo. Il pugliese, però, è richiamato all’ordine dal suo d.s.: non è bello a vedersi che un italiano s’impegni per riacciuffare un connazionale!
Marco aumenta il vantaggio, ha nel mirino Meier e, quando mancano sei chilometri alla vetta, lo supera.
E’ a questo punto che il Tour dello scalatore di Cesenatico cambia dimensione: se, fino al giorno prima, non era lecito sperare in una lotta per il primato in classifica, quello scatto in salita apre nuovi scenari.
E’ un Pantani che riaccende il Tour, che emoziona, che fa sognare.

                                                                



Forse non è ancora il Pantani del Giro d’Italia, ma mentre sale verso Plateau de Beille tutti lo pensano: il romagnolo non può accontentarsi di una vittoria di tappa, può puntare alla maglia gialla.
Alle sue spalle Meier è caparbio e resiste al ritorno del gruppetto dei migliori, composto da Ullrich, Julich, Escartin, Boogerd, Casero e Piepoli.
Ma la loro è una rincorsa vana perché Pantani vola ed esalta i suoi tifosi e quelli di mezza Europa che lo abbraccerebbero, se solo potessero.




Arriva a braccia alzate, il Pirata, cogliendo la sua quinta vittoria di tappa al Tour: la seconda sui Pirenei, dopo quella di Guzet- Neige di quattro anni prima.
Meier ha la forza di arrivare secondo, a 1’ 23”, e precede di poco il drappello degli uomini di classifica dai quali, nel finale, si è staccato Ullrich, che sul traguardo concede altri sette secondi ai suoi avversari.
Pantani rifila 1’40” al tedesco, che nel finale è apparso in affanno: è nervoso perché ha capito di essere vulnerabile e neppure partecipa alla conferenza stampa, ”fuggendo” in elicottero verso l’albergo.


                                                                     



Marco è l’eroe del giorno, conteso dai giornalisti e inondato dai complimenti di Merckx, Hinault e Indurain. Confessa di non avere dato fondo a tutte le energie e, per la prima volta, ammette che può lottare per la maglia gialla: è terzo nella generale, a 3’01”, e ci sono ancora 167 chilometri in salita da affrontare.
Se avesse ancora dei dubbi, questi svaniscono nel dopo corsa, quando gli fanno vedere le immagini in bianco e nero della vittoria di Luciano Pezzi ad Ax-les-Thermes, al Tour del 55.
Si commuove, il Pirata, e capisce che a quell’uomo che non c’è più non può dedicargli solo quel successo parziale.


                                              




E’ ritornato il ciclismo vero lassù a Plateau de Beille, inondata di sole.
L’impresa di Pantani ha fatto dimenticare per un giorno lo scandalo Festina, l’inchiesta sul doping e le perquisizioni della Gendarmerie.
Ha fatto dimenticare la sconfitta ai mondiali di calcio degli Azzurri e i tricolori possono essere sventolati con orgoglio..
D’altra parte – ma allora non lo si sapeva ancora – chi vince a Plateau de Beille vince il Tour perché Marco Pantani avrebbe inaugurato, con quell’assolo, una tradizione che dopo di lui avrebbe visto trionfare Armstrong (nel 2002 e 2004) e Contador (nel 2007).





Fu più di una semplice vittoria di tappa, quindi, ma un vero e proprio lasciapassare per la conquista della maglia gialla e della vittoria finale.
Fu anche l’ultimo successo ottenuto da Pantani sui Pirenei: anche per questo non dimenticheremo facilmente quel pomeriggio di luglio.

Mario Silvano  (Ilciclismo.it, 2010)


                                                                        


 

Commenti

Post popolari in questo blog

Mémoires du Tour. Chiappucci, il Sestrière e la fuga solitaria : io c'ero!

Emilia 1978: Felice e Franco scendono di sella