Giro 2007: alla Guardia, alla Guardia!

 




Alla Guardia in molti  siamo saliti a piedi, come ai bei tempi.

Io da Lencisa , con passo svelto (scarpe da poco e faccia d’andar via, per dirla con Oscar Prudente) e il cuore che batteva forte: per l’emozione, ma anche per la pendenza ( a tacere del fumo e della mancanza d’allenamento)

Un caldo che neanche il 29 agosto, giorno dell’Apparizione, quando i cristesanti delle confraternite

portano i crocefissi al Santuario. E all’arrivo  c’era già chi aveva conquistato un posto all’ombra .




 

Già, il posto.

Quando si assiste ad una corsa ciclistica  la scelta della postazione è essenziale. Ci si guarda intorno, si scrutano i vicini, con un colpo d’occhio si cerca di capire se lì può andare bene, o se è meglio laggiù, prima della curva, così li vedi anche di sotto.

Una transenna bassa  –l’unica-  nell’ultima curva, tra i 100 e i 150 metri finali.

Sotto il sole: però vuoi mettere , mi posso anche appoggiare  e pazienza se starò in piedi tutto il giorno . In fin dei conti sono attrezzato: l’acqua ce l’ho, il cappellino anche . Fino all’ultimo neppure pensavo di esserci . E’ un regalo inatteso, come quando a scuola dovevi essere interrogato e la professoressa  era assente.

Al diavolo le carte , per un giorno possono aspettare!

 

Certo , non è che si respiri aria buona, nonostante il verde  e la vista mare.

 Le vetture arrivano una dietro l’altra  e c’è una puzza che neppure nel centro di Genova si sente, nei peggiori giorni di maccaia.



                                                                             


 Bulbarelli arriva a piedi , mentre Sgarbozza e Gimondi –faccia da capo indiano- portano le loro Skoda negli spazi destinati al parcheggio.

Molti arrivano  in bici: una ragazzina sembra  aver fatto una passeggiata, tanto il suo volto è fresco e disteso. Si vede  che altri  sono  bene allenati. Qualcuno, invece, deve aver ripreso la bici  solo oggi.

Il signore in canottiera procede con passo deciso, una mamma con carrozzina fa marcia indietro: troppa gente.





Motta  sale leggero , di verde vestito: “quando io avrò 64 anni”, cantavano i Cugini di campagna: lui li ha , ma l’aria della Valpolcevera  glieli ha fatti dimenticare . E poi l’ha sempre detto: il profumo che sentiva a Langasco , mentre scalava la Bocchetta, gli ricordava quello di casa sua.

Anche Moser arriva in bicicletta , ma non ha il viso disteso: la Guardia gli è rimasta indigesta. Nel duello a distanza, lo si capisce , Gianni è ancora primo.




 

Le ragazze arancioni della Skoda distribuiscono le manone gonfiabili E arrivano anche gli Alpini a dar man forte al servizio d’ordine E i bersaglieri? Ci sono pure loro che percorrono di corsa gli ultimi cento metri (in discesa, però!) . C’è chi si improvvisa ciclocrossista, per guadagnare un posto sotto gli alberi.  Chi arriva ai 120 metri finali e viene dirottato sulla strada riservata alle auto del seguito Come quel frate che la salita  l’ha  fatta tutta  in bici, con il saio d’ordinanza macchiato di sudore .

A qualcuno, dopo che è arrivato lassù, viene impedito di scendere ( “ma ho gli amici ai 600 metri dal traguardo!”, implora un cicloamatore  rivolto all’Agente della forestale )

Comincia ad esserci un po’ di confusione , tra la musica a tutto volume e  le battute dello speaker sui genovesi .

Arrivano  i ritardatari, quelli che hanno lasciato l’ufficio nel primo pomeriggio e si vede che non sono attrezzati: un fazzoletto al posto del cappellino tradisce l’improvvisazione dell’ultimo minuto.

Poi arrivano le notizie dalla corsa .

Non c’è lo schermo, ma è come se li vedessimo -i fuggitivi- sulle Grazie e sulla Ruta. Tanta gente per le strade di Genova  -ci dicono-  ma qualcuno, lo giurerei, avrà imprecato.

A Trensasco non succede niente : nessuno dei favoriti azzarda lo scatto.

 

Ormai ci siamo. Ho difeso il mio posto senza accusare cedimenti. Neppure mi lascio impressionare dalla minaccia  di un operatore della Rai  al quale dovrei lasciare (ma dov’è scritto???) il posto per le riprese : “Non ci penso neanche: sono qui da stamattina e ci resto”, rispondo sicuro.  Allora vado dai Carabinieri”, mi dice pensando di intimorirmi.

E già mi immagino trascinato di peso dalle forze dell’ordine , come accadeva nei sit-in degli anni 60 ( scusa signor Agente è colpa mia, scarpe da poco e faccia d’andar via, ma credi a me, sono innocente, anche se in tasca i documenti non li ho…)




 

Inizia la salita : sono tutti assieme, anche dopo i primi tre chilometri.

Delle due l’una: o la salita della Guardia non è dura oppure nessuno se la sente di provare a scattare in uno dei tratti più impegnativi. E  a quel punto, lo confesso, ho avuto un calo d’emozione.

Ci fossero stati altri atleti – mi sono detto- sarebbe cominciata la bagarre  e alla curva dell’acqua minerale qualcuno sarebbe già stato da solo.

Ma la riflessione è durata poco più di attimo perché, quando improvvisamente è calato il silenzio , il rito  si è rinnovato.

 

 Li abbiamo attesi da quella curva   .

Piepoli è stato il primo, perché la salita gli ricordava quella di Monte Sant’Angelo. Non era il suo mare, quello che si lasciava alle spalle, eppure gli ulivi del Tigullio somigliavano a  quelli di Ostuni.

Di Luca saliva forte, mulinando le gambe , ma Leonardo era già lassù, in cima al rettilineo.




Schleck, con la maglia aperta , e Simoni, il vecio. Damiano era lì, ma non il primo , come a Pontedecimo nel 2004

Si vedeva che Bettini faticava, ma quanti applausi al passaggio del Grillo!




 

Poi la strada è diventata di tutti e non abbiamo neanche aspettato Napoletano.

Non era come al Ghiffi (quella volta era  tutto esaurito ) ma allora c’erano l’Elefantino e il Navarro che si giocavano la corsa  , insieme  a  quell’impertinente  biondino russo, con Bugno  tricolore e il Diablo  che aveva tifosi in ogni dove. Quel giorno non bastava il Maracanà a contenerci tutti: oggi , invece , saremmo stati  comodamente a Marassi.

Il Killer si avvicina alla  maglia rosa  e chissà che non abbia fatto il voto  di portarla al Santuario, a Giro finito e vinto.

Sul palco del Processo c’è Faustino, che sente aria di casa. Le sue terre e le sue strade (che sono quelle di Fausto e Serse, di Carrea e di Milano, del Gira e di Negrini)  sono a un tiro di schioppo e il Tobbio si vede bene da lassù come da Novi.

 

Al bar sono finiti anche i ghiaccioli, ma per dissetarsi può bastare un Calippo al gusto d’arancia: va bene lo stesso, ma quei ghiaccioli di una volta , che facevi fatica a scartarli, erano un’altra cosa.



Ormai se ne sono andati quasi tutti e riprendo la strada di casa. Sono in sandali e calzoncini   e il fresco della discesa mi fa venire la pelle d’oca, ma  non credo che sia colpa dell’escursione termica .

Rivolgo lo sguardo un’ultima volta al Santuario. : io, laico convinto (per non dire di più), mi ritrovo   a cantare l’inno alla Guardia, che ho in testa dal mattino e che avevo riposto in un angolo della memoria.

 Potenza del ciclismo,   e del Giro d’Italia.




 

Vicino casa ritrovo il frate  in bicicletta.

Pedala ancora forte : ormai il più è fatto ed il convento è vicino.

Lo racconterà al Priore di essere stato alla Guardia.


Mario Silvano

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