Il Mondiale di Mendrisio 1971 ( visto anche per papà)
Non è infrequente che alcuni eventi sportivi di particolare rilievo riportino alla memoria momenti felici o tristi della vita privata , anche a distanza di decenni.
Anche quando sono passati cinquant’anni.
Il campionato
mondiale di ciclismo del 1971 si sarebbe
disputato domenica cinque Settembre, a Mendrisio. Il giorno precedente avevo
assistito, alla televisione, alla prove
riservate alle donne e ai dilettanti.
La nostra Morena Tartagni si era dovuta accontentare de posto
d’onore, mentre Francesco Moser, di cui si diceva un gran bene, aveva ceduto
nel finale.
Non restava che la conclusione delle prove iridate , riservata ai professionisti, e la gara più
attesa l’avrei vista, come di consueto, in compagnia di mio papà.
Era un sabato sera caldo, quella volta a Genova , e dopo cena il silenzio venne squarciato da un paio
di colpi secchi. Sembravano fucilate, ed il rumore proveniente dalla
strada, con la gente che era uscita per capire cosa fosse successo, preoccupò
anche mio padre. “ Vado a vedere “, disse, e varcò l’uscio
Da una finestra si riusciva a vedere ben poco,
ma le sirene della polizia e delle ambulanze non erano un bel segnale. Poi un altro colpo,
quasi un ‘esplosione. Mia madre ed io ci aspettavamo che mio padre rientrasse ,
ma l’attesa diventava infinita . Poi,
suonò il campanello di casa ed una vicina ci disse , cercando di
rassicurarci, che mio padre era stato ferito : si trovava in ospedale, ma le
sue condizioni- come aveva verificato il marito giornalista, non erano preoccupanti.
Fu quello che la stampa chiamo’ "il duplice delitto di Via Ausonia":
accecato dalla gelosia, un tale aveva ucciso dapprima la
compagna e, poi, un ragazzo che aveva cercato invano di portare
aiuto alla donna . Mio padre, mentre sulla strada si rendeva utile per facilitare le
manovre delle ambulanze , venne colpito
da una scarica di pallini.
L’indomani mattina lo vidi in ospedale. Era vivo, e questo era
importante. Quasi non avevo chiuso occhio durante la notte , e ascoltare alla
radio le notizie del fatto di sangue , leggere il nome di mio padre sul giornale, sembrava
– a me, appena tredicenne- un fatto
irreale.
Non l’avrebbe visto il Mondiale, non c’era la televisione in ospedale . L’avrei visto io, e poi glielo avrei
raccontato.
E fu un bel mondiale,
quello di Mendrisio. Caratterizzato da una fuga lunghissima , con Bitossi, Cavalcanti,
Swerts e Zoetemelk che pedalarono in testa per oltre 150 chilometri
arrivando ad ottenere un vantaggio di
oltre 4 minuti fino a pochi giri dal termine. Al tredicesimo giro, attaccarono Mortensen
e Guimard a cui risposero Merckx, Pintens
, Gimondi e Polidori. Ricordo una giornata assolata, sulle sponde del lago di
Lugano. L’anno prima ero stato alla Swissminiatur , e mi pareva di conoscere
bene quei posti.
E tanta, tanta gente , per una prova iridata disputata appena al di là dei confini nazionali, con
una marea di tifosi italiani che sperava di rivivere, sulle stesse strade, il trionfo di Coppi nel 1953. Il momento decisivo al penultimo giro, sulla dura salita di Novazzano: Merckx
fece il forcing e solo Gimondi gli resistette , facendo appello a tutte
le energie che aveva in corpo. Una efficace
sintesi del loro duelli di quegli anni
Arrivarono insieme a disputarsi il titolo iridato sul lungolago
di Mendrisio .Ai 250 metri Merckx lanciò la volata, e vinse a braccia
alzate . A poco più di un minuto arrivarono gli altri quattro protagonisti della fuga
decisiva :peccato per il bronzo sfiorato da Polidori, battuto da Guimard.
Dancelli, settimo, a quasi sette minuti, si impose in volata sul gruppo dei
battuti
Alla sera tornai con mia mamma in ospedale . “Chi ha vinto il mondiale?”, mi
chiese papà . “Merckx primo e Gimondi secondo”, gli risposi.
L’avevo visto anche per lui, quel giorno di inizio settembre di cinquant’anni fa...
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