Quando Michele Dancelli mi raccontò la "sua" Sanremo
Il 19 marzo del 1970 era un giovedì, proprio come
quest’anno.
Una giornata bellissima, in Liguria, come sanno esserlo solo
certe giornate di inizio primavera
Una giornata ideale per la Milano-Sanremo: approfittando
della festività di San Giuseppe mio padre ed io (all’epoca neppure avevo
dodici anni) andammo ad aspettare il passaggio della Corsa nella
discesa del Passo del Turchino.
“Qui li vediamo meglio”, mi disse papà “perché frenano!”
Come contraddirlo? Avrei preferito andare in cima alla salita, poco prima della
galleria, dove due anni prima avevo visto Merckx in maglia iridata, ma non
osavo chiederlo.
Nell’attesa le solite discussioni di ciclismo, tra i
numerosi appassionati presenti, alle quali mio padre non si sottraeva. “Coppi
era quasi mio compaesano, ma io preferivo Bartali: arrivava sempre” .”Ma non si
ricorda di quando Coppi staccò tutti nella Sanremo del 1946?” E ancora
“Speriamo che vinca un italiano, sono diciassette anni che aspettiamo”.”Io dico
che vince Dancelli”, sentenziò mio padre. Perché Michele era il suo ed il
mio beniamino e noi eravamo lì per incoraggiarlo.
Tra un batti e ribatti arrivò il momento più emozionante, il
silenzio che precede il passaggio dei corridori. Quegli attimi erano magici e,
per me, lo sono rimasti a distanza di tanti anni.
Ne sono passati cinquanta, ma quest’anno la Sanremo non si correrà. Pur nell’estrema gravità del momento (l’Italia intera lotta contro una terribile pandemia e la Provincia di Brescia è uno dei territori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria) Michele Dancelli con la consueta, straordinaria umanità e disponibilità, non si sottrae ad una chiacchierata telefonica e sentirlo rievocare quella giornata indimenticabile rinnova le emozioni di un tempo.
“Avevo vinto il Trofeo Laigueglia”, ricorda
il quasi settantottenne campione di Castenedolo, “ma alla
Parigi- Nizza mi ero ritirato al penultimo giorno. Mi sentivo svuotato,
completamente privo di energie Arrivammo a Milano e da lì
raggiunsi Brescia in bicicletta in compagnia di Mario Anni. Quello fu il
mio allenamento prima della Classicissima. Pensa che la vigilia della
gara ho dormito quasi tutto il giorno!”, mi confessa Michele.
Le premesse, quindi non erano delle migliori. Ricordo che
l’anno prima eri stato tra i protagonisti, con una fuga da lontano in compagnia
di altri otto.
“Si, nel 1969 avevo dato battaglia. Ricordo che mentre
ero in fuga Guido Neri mi invitava a non staccare Van Looy. Dopo
che eravamo stati ripresi ho provato a scattare sul Poggio. Sono stato
ripreso dal gruppo, guidato dalla Salvarani di Gimondi , a cinquecento
metri dalla vetta. Ho avuto ancora la forza di scattare e di passare per
primo in cima. Poi, in discesa è partito Merckx ed è andata a vincere la sua
terza Sanremo”
Alla Milano- Sanremo le fughe da lontano, di solito,
sono promosse da comprimari. Nel 1970, invece, eravate quasi tutti “pezzi
da novanta”. Come nacque quella fuga?
“Eravamo a Novi Ligure. Aldo Moser, che vestiva la
casacca della GBC, allungò per aggiudicarsi un traguardo volante. Subito dopo –
ricordo che c’erano alcune curve – Van Looy fece una tirata
impressionante. Fu lui l’artefice della fuga. Io mi accodai con non pochi
sforzi e con me c’erano, tra gli altri, i fratelli De Vlaeminck, Godefroot,
Zilioli, Bitossi , Leman, Karstens, Wolfshohl, il campione del mondo Ottenbros:
almeno una decina tra i possibili aspiranti al successo. Il vantaggio sul
gruppo si mantenne sui 100 – 200 metri poi la fuga – eravamo in
diciotto – prese il largo. Nella fuga doveva inserirsi anche il
mio compagno di squadra Mario Anni : al mio fianco, invece, ci fu Carletto
Chiappano, il cui contributo sarebbe poi risultato determinante
C’era anche Adorni, che fu vittima di una foratura: non aveva alle spalle
l’ammiraglia e dovette desistere”.
Io ti aspettavo nella discesa del Turchino. Quando mi
passasti accanto, nel tagliare la curva, gridai “Michele!!!!” con quanto fiato
avevo in corpo. E tu cosa pensavi in quella fase della corsa?
“Io pensavo che avevamo un buon vantaggio e
che se c’era la collaborazione di tutti e se
restavamo raggruppati, beh…. potevamo andare lontano”
E infatti il vostro vantaggio cresceva. Sul Turchino avevate
quasi cinque minuti. Così proseguiste lungo l’Aurelia di comune accordo, finchè
tu non decidesti di provarci da solo. Cosa accadde?
“Eravamo a Loano. Chiappano mi disse che un suo amico
aveva una tabaccheria in quella località e che aveva messo in palio una
medaglia d’oro per chi fosse passato per primo davanti al suo negozio. Il
vantaggio sul gruppo, nel frattempo, era diminuito e cosi, incoraggiato da
Chiappano, scattai per aggiudicarmi quel premio. Sullo slancio guadagnai
qualche decina di metri e decisi di proseguire. La mia fuga verso Sanremo
nacque così. E quella medaglia d’oro la conservo ancora oggi”
Ricordo che la diretta televisiva cominciò quando tu
eri a Diano Marina ed eri al comando con un bel vantaggio.
“Si, a quel punto ero arrivato ad avere un
vantaggio di quasi quattro minuti. Prima di Albenga, però, Roger De
Vlaeminck si era fatto sotto e mi aveva quasi raggiunto, ma io non lo ho
aspettato. Subito dopo, poi, mi si era avvicinata l’ammiraglia
della Molteni, a bordo della quale c’erano Albani, Colnago e Pietro Molteni.
”Michele, cosa fai?”, mi urlarono dal finestrino. Ma è nella pur breve discesa
di Capo Mele che ho corso dei rischi. È un particolare poco conosciuto.
Ho dovuto destreggiarmi tra le numerose autovetture dell’organizzazione
presenti sulla sede stradale (saranno state almeno una decina) temendo di
cadere o, comunque, di incappare in qualche incidente che potesse vanificare il
mio sforzo. Lì per lì ho pensato che la Sanremo poteva
essere era veramente stregata…”
Superato questo momento, però non hai più avuto problemi…
“No, il Capo Berta l’ho fatto a tutta. Albani dall’Ammiraglia mi passò un cappellino all’interno del quale c’erano alcune zollette di zucchero. Il rifornimento non era ammesso e in quel modo potevo alimentarmi ed evitare possibili crisi. Quando ho imboccato la salita del Poggio ho scalato il rapporto e la discesa l’ho fatta con cautela per evitare cadute. A quel punto non potevo rischiare, anche perché il vantaggio su Leman, che mi inseguiva da solo, era calato ma era pur sempre rassicurante, un minuto e mezzo o poco piu’”.
E poi il trionfo in Via Roma, le lacrime e quelle parole
durante l’intervista di Nando Martellini: “Sono contento perché non mi hanno
mai calcolato un campione”. Perché quello sfogo?
“Perché rispetto ad altri campioni quali Gimondi e Motta,
per esempio, mi sentivo messo un po’ in disparte. Eppure il
mio palmarès era di tutto rispetto: due volte campione italiano, la
Freccia Vallone, la Parigi- Lussemburgo, due medaglie di bronzo ai Mondiali, le
vittorie di tappa al Giro d’Italia, le più importanti classiche
italiane….Non mi occorreva vincere la Sanremo per essere considerato un
campione!
E infatti lo eri – e da tempo- un campione, caro Michele e
noi lo sapevamo bene! E quella Sanremo la vincesti in modo superbo. Nelle
edizioni del dopoguerra solo Coppi, nel 1946, ha fatto una fuga individuale più
lunga. E la media, poi, una delle Sanremo più veloci di sempre!
“La media è stata di poco inferiore ai 44 Km
orari. Se pensi che le biciclette pesavano almeno due chili in più
di quelle odierne e se consideri altri fattori quali l’abbigliamento
dell’epoca ….”
Sì, la tua fu proprio un’impresa,
indimenticabile per chi ebbe la ventura di viverla! E tra le Sanremo
degli anni successivi, quale edizioni ricordi, in particolare?
“Senz‘altro la vittoria di Bugno nel 1990 e quella di
Chiappucci nel 1991”.
Tu vincesti quando non era stata ancora inserita la
Cipressa. Ogni anno, puntualmente, si discute sulle eventuali modifiche da
apportare al percorso della Classicissima. Qual è il tuo punto di vista?
“Io penso che l’attuale percorso non debba essere modificato,
va bene così com’è. E ‘ stata giusta l’introduzione della Cipressa, nel 1982,
ma eviterei di inserire Le Manie o la Pompeiana”.
Michele, spiegami qual è il segreto del fascino senza tempo
della Milano- Sanremo.
“La Sanremo ha un percorso che è adatto
a tutti. E poi tutti arrivano in forma all’appuntamento e tutti vogliono
vincere. Neanche ad un campionato del mondo si verificano queste
condizioni!”
Quest’anno, purtroppo, la Sanremo non si correrà. E sono
saltate anche le manifestazioni organizzate per celebrare il
cinquantenario della tua vittoria.
“Si, quella prevista a Castenedolo ed anche quella
a Verona, promossa – tra gli altri - da Renato Giusti. Ma sono solo
rimandate e al termine dell’emergenza ci sarà modo di festeggiare. È
stata pure rinviata la cerimonia di presentazione – alla quale ero stato
invitato- della bicicletta che Ernesto Colnago ha prodotto, in numero
limitato di esemplari, per celebrare l’anniversario della mia
vittoria alla Sanremo. Perché” – continua Michele con orgoglio -
“fu a seguito del mio successo che Colnago, su suggerimento di Bruno Raschi,
ideò l’asso di fiori, il marchio che contraddistingue le sue biciclette”.
Grande, straordinario Michele! Sentirti
rievocare quella giornata con l’entusiasmo e la grinta di quando correvi è,
allo stesso tempo, emozionante e commovente.
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