Il Bocco e la Rosa
La prima volta che percorsi la statale del Passo del Bocco fu nel 1978, a fine Ottobre. Un amico aveva una casa a Masanti di Sopra, nell’alta Val Ceno, ed ebbe la fortunata idea di proporre a me e ad alcuni altri ex compagni di Liceo di trascorrere il Ponte dei Santi in quell’isolata località dell’appennino parmense per rinnovare – tra mangiate e bevute- i fasti dell’esperienza scolastica da poco conclusa. Eravamo in sette e, poiché a disposizione c’era un’unica auto, decidemmo di ricorrere ai mezzi pubblici. Treno da Genova a Chiavari e corriera dalla cittadina del Tigullio sino a Bedonia. Non ricordo come arrivammo a Masanti: presumo con un’altra corriera, ma sono passati troppi anni e non ho alcuna certezza. Rammento, invece, che venni preso in giro dai miei amici perché utilizzai, quale bagaglio, una vecchia valigia in finta pelle, che venne subito etichettata da “delegazione sovietica”
Fu una simpatica esperienza, che venne rinnovata per alcuni
anni. Una volta- era il giorno di Pasqua- sul Bocco trovammo pure la neve.
In un’altra occasione – era l’estate
dell’81- avevo appuntamento a Bedonia con due amici, per andare alcuni
giorni a Rimini. Arrivato a Chiavari, persi per poco la corriera e dovetti aspettare mezza giornata la
successiva .
Poi il caso volle che
andassi a lavorare proprio a
Chiavari , e che quella corriera la
vedessi tutti i giorni, nella piazza davanti
al mio ufficio, ad imperituro ricordo
delle avventure di pochi anni prima.
Ma nel frattempo mi ero motorizzato e, in compagnia di Rosa ( eccellente e simpatica collega, ma soprattutto amorevole fidanzata) percorsi il Bocco in discesa su una Vespa
125, di ritorno dal Monte Penna, in un pomeriggio di luglio . Le
curve erano veramente tante, ma ben più divertente che in corriera.
E nel 1987 fu sulla
salita del Passo del Bocco che vidi con lei la “ nostra “
prima tappa del Giro. Credo che non
avesse mai assistito ad una corsa
ciclistica e la novità la incuriosiva : non sapeva , tuttavia, che quella
sarebbe stata soltanto la prima di una lunga serie di esperienze a cui l’avrei costretta negli anni a venire
.
Avevo venduta la Vespa solo da pochi giorni ed ero passato ad una Moto Guzzi V35III: quel
giorno sarebbe stata la prima gita in
sella al bicilindrico di Mandello del
Lario.
Usciti in largo anticipo dall’ufficio, percorremmo la Valle
Sturla sino a Borgonovo Ligure e risalimmo il Bocco quasi per intero, fermandoci nell’ultimo tratto in pendenza che precede la
parte finale , quasi in falsopiano.
Era la seconda tappa ( Imperia-Borgotaro) di quel Giro che lasciava la Liguria dopo l’inedito avvio sanremese, caratterizzato da un prologo a cronometro e da due semitappe ( la Sanremo- San Romolo e la cronodiscesa del Poggio) che avevano fatto molto discutere. Ricordo che Rosa era emozionata e, quando passarono gli allora pochi veicoli della carovana pubblicitaria, non potei fare a meno di regalarle un orsacchiotto di pelouche dalle generose dimensioni, che lei tenne tra le braccia per tutta la durata dell’evento.
Passarono i primi, un gruppo piuttosto folto, ma molti non ressero l’andatura sostenuta: ricordo Saronni staccato, che inseguiva in solitudine. Sopra di noi stazionava l’elicottero delle riprese televisive e Rosa, con l’orsacchiotto stretto a sé, cercò di attirare l’attenzione , con ampi cenni di saluto. Era commossa e felice , e io capii che - anche per questo- non avrei potuto rinunciare a lei per il resto della mia vita.
Vinse Argentin , quel giorno, e fu Millar a scollinare in
vetta al Bocco che non si rivelò, ma era facile prevederlo, un' ascesa insidiosa.
Come non lo fu nel 1991, quando venne percorso dall’altro versante, nella
tappa che da Sala Baganza portò i
corridori a Savona.
I girini scesero dal Bocco sotto la pioggia battente ( era Giugno, ma sembrava Novembre) e a
Chiavari, all’inizio della salita delle Grazie, passarono sotto casa nostra ( ci eravamo sposati l'anno prima).
Potevamo vederli dal balcone, ma preferimmo scendere in strada ad applaudirli. Conservo ancora il filmato di quei momenti.
Poi, tre anni dopo, il Bocco fu protagonista -e alla grande!- del Giro d’Italia.
Da almeno un anno infatti, si parlava della cronoscalata del Passo del Bocco. In un primo tempo era stato prospettato anche l’inserimento della salita del Bocco di Leivi, per rendere più selettiva la prova contro le lancette .
Prevalse, invece, la soluzione che venne ufficializzata: arrivo al Passo dal Bocco, ma dopo l’inedita salita del durissimo Passo del Ghiffi.
Quei tre giorni di giugno furono mitici.
Dapprima la tappa appenninica, con arrivo a Lavagna.
Ero con Rosa sul passo di Cento Croci, quel giorno. La nostra Moto Guzzi, compagna ormai di tanti viaggi, ci portò sulle ultime rampe della salita.
Si percepiva un’ atmosfera come non si ricordava da tempo: Berzin in rosa, il Navarro alla ricerca del terzo sigillo e Marco Pantani, che pochi giorni prima ci aveva regalato l’impresa all’Aprica.
Quando passò il gruppetto dei fuggitivi (Abdujaparov, Perini , Lombardi, Svorada e Pagnin), Rosa non riuscì a trattenere le lacrime .
L’atmosfera incredibile del Giro, un’ emozione contagiosa!
Nella città dei Fieschi vinse Svorada, tra un mare di folla.
Quella vittoria restò nel cuore al campione Ceco che, quando abbandonò la carriera di corridore per diventare costruttore di biciclette, chiamò proprio “Lavagna” una delle sue creazioni .
Poi, l’indomani, la cronoscalata.
Salimmo in tanti, quel giorno, e con ogni mezzo: appassionati e semplici curiosi, cicloamatori e pantofolai, bambini che mai avevano assistito ad una corsa, signore attempate, anziani che ritrovavano misteriose energie. Si parlò di centoventimila persone, e la cifra fu stimata per difetto.
Quel giorno squillò ancora una volta sul Ghiffi ed i corridori la sentirono, come i campioni del Grande Torino sentivano suonare la carica al Filadelfia.
Poco prima della vetta c’era un punto strategico, sopra la sede stradale, dal quale si potevano vedere i corridori al passaggio di Prato Sopralacroce, proprio dove cominciavano le rampe più impegnative. Si poteva seguire, poi, un ulteriore tratto di salita prima che gli atleti passassero sotto di noi: la montagna era diventata una vera e propria gradinata .
L’indomani il Tigullio salutò la partenza del Giro con una giornata di pioggia, che rese più malinconico il ricordo di momenti straordinari.
Restavano negli occhi il volto grondante di sudore di Perini, la freschezza di Berzin, la pelata dell’Elefantino.
.
E sul Bocco passò nuovamente Marco Pantani, in maglia rosa, in uno degli ultimi giorni felici.
Lo rividi, in cima al Passo di Malanotte, nella tappa che si concludeva a Rapallo, ed il cui tracciato prevedeva proprio il passaggio (in senso contrario) sulla linea d’arrivo della cronoscalata di cinque anni prima.
Quel Pantani che saliva fortissimo, mani basse sul manubrio, sparì dietro ad una curva: è l’ultima immagine dal vivo che conservo di lui.
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