Tour de France 1958: l'epopea di Charly Gaul
Il Tour de France non piaceva a Charly Gaul.
O meglio : non gli piacevano quelle giornate assolate del Midi e quelle afose
della Normandia. Soffriva il caldo, il lussemburghese, ed era cosa nota. Lui,
l’eroe del Bondone , si esaltava con il maltempo. Pioggia, freddo e neve non lo
spaventavano. Ma valle a trovare, al Tour, quelle giornate! L’estate francese
era diversa dalla primavera italiana e il caldo, quando scoppiava, era
impietoso. Eppure al suo esordio nella corsa a tappe francese, nel 1955, aveva
lasciato il segno: due vittorie di tappa, il terzo posto sul podio e la
classifica finale del GPM lasciavano presagire che sarebbe stato uno dei grandi
protagonisti negli anni a venire.
Il successo al Giro d’Italia, ottenuto l’anno successivo, legittimava tale
aspettativa. Al Tour dello stesso anno, invece, fu un’altra storia. Mai in
gioco per la vittoria finale, dovette accontentarsi di due vittorie di tappa e,
ancora una volta, della conquista del titolo di miglior scalatore del Tour
Quel tredicesimo posto finale , ad oltre trentadue minuti da Walkowiak (e venti
da Bahamontes) poteva essere interpretato come un incoraggiamento per gli anni
a venire. Capace di staccare chiunque in salita, andava bene anche a
cronometro, se era in giornata. Ma era incostante, vittima di distrazioni che,
al tirar delle somme, pesavano in classifica generale. Era comunque ancora
giovane, il piccolo lussemburghese , e chissà quante altre sfide lo avrebbero
atteso sulle strade di Francia.
L’anno successivo, invece, andò peggio. Vittima del caldo
asfissiante che caratterizzava le tappe della Normandia, al secondo giorno
dovette subire l’umiliazione di salire sulla vettura-scopa, la famigerata
“voiture-balai”. Gli fece compagnia un suo compagno di squadra, e insieme
scoprirono che all’interno di quel veicolo la temperatura era ancora più alta
di quella esterna. Neppure in albergo sarebbe riuscito a dormire, cercando di
sconfiggere la calura giocando a biliardo fino a tardi. Ritirato come l’ultimo
dei gregari lui che aveva perso il Giro d’Italia per un innocuo “bisognino”!
No, non era fatto per il Tour de France. Poteva certamente ottenere vittorie di
tappa, aggiudicarsi il titolo di miglior scalatore, ma quanto a vittorie finali
il Tour richiedeva che non si accusassero cedimenti improvvisi e quand’anche si
fosse incappati in qualche giornata storta (l’avevano avuta Coppi e Bartali,
poteva capitare a chiunque) occorreva l’impresa per rimettersi in gioco. Charly
Gaul ne sarebbe stato capace?
Il Tour del 58 sembra confermare, ancora una volta, che la
Grand Boucle non gli si addice. Alla vigilia dell’ottava frazione - la crono di
Chateaulin - si ritrova già staccato in classifica generale
Anquetil, leader della nazionale francese, è sicuro delle sue forze. “Chi vince
domani, vince il Tour!” dichiara senza paura di essere smentito. Pensa a se
stesso, il Normanno, logico favorito nella gara contro le lancette. Ha ottenuto
che Geminiani venisse escluso dalla nazionale francese ed è intenzionato a
bissare il successo dell’anno precedente quando, al suo esordio al Tour, si era
aggiudicato la vittoria finale. Nella città bretone, invece, spunta a sorpresa
Gaul. Favorito anche dall’insidiosa Cote di Stang-ar-Garont, il lussemburghese
si aggiudica la prova sulla distanza di 46 chilometri, distanziando di sette
secondi il plurivincitore del Gran Premio delle Nazioni. Anquetil è incredulo:
mai avrebbe pensato di finire alle spalle di Gaul, anch’egli sorpreso della sua
prestazione: “Non pensavo di vincere qui”, dichiara dopo il successo.
E’ una vittoria che fa notizia (o forse la notizia è la
sconfitta -imprevista- di Jacques) ma che non sposta i valori in campo. Anche
perché sui Pirenei Charly non si mette in particolare evidenza, lasciando a
Bahamontes l’onore di transitare per primo sull’Aspin, sul Peyresourde,
sull’Aubisque e sul Portet d’Aspet. E’ decimo in classifica, distanziato di
oltre dieci minuti da Vito Favero. Anquetil gli è appena davanti, ma
l’avversario più tosto sembra Geminiani, in seconda posizione , che ha il dente
avvelenato: Jacques non l’ha voluto nella nazionale maggiore? Dimostrerà di
sapersi aggiudicare il Tour correndo in una formazione regionale, alla faccia
del connazionale.
La corsa è ancora lunga, e ci sono tanti ostacoli da
superare, prima di arrivare ai Campi Elisi.
Il primo è il Mont Ventoux , la cui ascesa è proposta in una cronoscalata di
ventuno chilometri e mezzo, partendo da Bedoin. Gran bella salita, per Gaul, se
solo fosse all’ombra! Nonostante il sole, sulle rampe del “monte calvo”, Gaul
si scatena, distanziando Bahamontes e cogliendo un prestigioso di successo di
tappa. Per una volta la luce del Midi, quella che accecava Van Gogh, gli è
stata amica. “Rendez-vous au Ventoux”, aveva dichiarato dopo la vittoria di
Chatealuin, ed è stato di parola. Va bene, si pensa, Gaul ha fatto un numero
dei suoi, ma da qui a vincere il Tour ce ne passa! Il terzo posto in classifica
, insomma, non sembra una garanzia sufficiente per i suoi detrattori.
E le previsioni negative puntualmente si avverano: nella
tappa da Carpentras a Gap, nel giorno della vittoria di Nencini, il
lussemburghese patisce una nuova crisi. Non bastano le salite di giornata per
stimolarlo ed all’arrivo paga più di dieci minuti al toscano. Il giorno
successivo neppure sul Vars e sull’Izoard riesce a trovare lo spunto buono.
Arriva staccato anche a Briancon, ad oltre quattro minuti da Bahamontes. Il
solito Gaul, insomma, con i consueti alti e bassi, che neppure sulle montagne
riesce a piazzare la stoccata decisiva.
L’indomani c’è il tappone di Aex les Bains: 219 chilometri e
cinque colli da scalare. E’ il sedici luglio, ma pare di essere in autunno
inoltrato. Sembra finita l’estate, nella valle della Chartreuse. Bestemmiano, i
corridori. Solo Gaul è l’unico a rallegrarsi delle condizioni atmosferiche:
potrà correre con il tempo che preferisce, anche se è inutile farsi troppe illusioni.
Sono tanti sedici minuti di distacco, e poi c’è quella cronometro infinita. del
penultimo giorno. Geminiani, in giallo, non si spaventa troppo: è un lottatore
e venderà cara la pelle. Vito Favero, secondo in classifica a 3’47, vive il
sogno più bello della sua carriera. Anquetil ha un distacco di quasi otto
minuti da Gem, ma lo aspetta la crono di Digione: 74 chilometri possono
ribaltare la situazione a suo favore.
Freddo e pioggia ghiacciata accompagnano i i corridori sin
dalla partenza. Il Lautaret serve soltanto a scaldare i muscoli, se ci si
riesce. Chi vuoi che attacchi, con una giornata simile? Solo un pazzo. Oppure
un grande campione. Gaul scatta sul Luitel, il secondo colle di giornata.
Ritrova la gamba dei suoi giorni migliori. Nessuno riesce a tenere il suo
passo. Sul Col de Porte transita con un vantaggio di cinque minuti e mezzo su
Geminiani, che diventano quasi otto sul Cucheron e oltre dodici sull’ultimo
colle di giornata, il Granier. E’ una marcia impressionante, sotto il diluvio.
Se Gem è in difficoltà, Anquetil sfiora il dramma. E’ un tappa di quelle cui
oggi guardiamo con nostalgia: ciclismo d’altri tempi.
All’arrivo, i distacchi sono impressionanti. Bisogna
aspettare 7’50” per l’arrivo del secondo, il belga Adriaennssens, e poco piu di
dieci per Vito Favero. Settimo è Geminiani a 14’35”, decimo Bobet a 19’12,
quattordicesimo Anquetil a 23’14”. Distacchi che sembrano appartenere al Tour
delle origini. E’ riuscito a far saltare il banco, Charly Gaul, e rientra
clamorosamente in gioco per la vittoria finale, proprio come sul Bondone due
anni prima. Si ritrova al terzo posto in classifica, distanziato di 1’07” da
Vito Favero che indossa nuovamente la maglia gialla e che , a sua volta, ha un
vantaggio di 39” su Geminiani. Anquetil ha la polmonite: sputa sangue e al
termine della successiva tappa di Besancon verrà ricoverato in ospedale.
Resta la crono di Digione: disegnata per il biondo Normanno,
sarà il terreno su cui si giocheranno la vittoria i primi tre della generale.
Può succedere di tutto, dopo oltre quattromila chilometri percorsi ad oltre 36
di media. Gaul stupisce ancora una volta. La vittoria è sua, senza mezzi
termini. Recupera il distacco ed indossa il simbolo del primato. A Parigi è un
trionfo, suggellato da quattro vittorie di tappa, di cui tre contro il tempo.
“E’ stato il migliore”, commenta Binda.
E’ pace fatta con il Tour de France, per il campione lussemburghese. Ritornerà
in Francia, ci saranno altri successi parziali, ma non concederà più il bis, e
quella vittoriaresterà scolpita per sempre nella storia del ciclismo. Anquetil,
anni dopo, avrebbe confessato che nella clinica di Besançon, nella quale era
stato ricoverato dopo il ritiro, ebbe un incubo. In un paesaggio di montagna ,
nell’uragano, inseguiva -senza raggiungerlo- un fantoccio di pioggia che aveva
sembianze umane. Un fantoccio con il viso di Charly Gaul, l’eroe della Chartreuse
Mario Silvano
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